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Doppio faro Bce sui 350 miliardi di crediti deteriorati in Italia

Un approccio a due livelli per affrontare il problema massiccio dei crediti non performing in tutta Europa. Una manovra composita, che permetterà, da una parte – attraverso una task force dedicata e un questionario che è in arrivo a molte banche europee – di analizzare la qualità creditizia, verificare la modalità di gestione degli npl da parte degli istituti e proporre soluzioni in un’ottica «collaborativa». E che, dall’altra, attaverso ispezioni ad hoc che partiranno tra la settimana prossima e quella dopo, andrà a scandagliare nel dettaglio i portafogli degli istituti europei (e italiani) per verificare l’adeguato livello di coperture, chiedendone, ove necessario, di nuove.

È di fatto questo lo schema che la Vigilanza Bce seguirà da qui ai prossimi mesi per provare a fare i conti con la (crescente) mole delle esposizioni deteriorate, che solo in Italia valgono 350 miliardi di euro, di cui 201 di sofferenze.

Il “bastone” che la Bce è pronta ad usare contro il rischio di credito – una delle priorità dichiarate dalla stessa Vigilanza – è quello delle ispezioni in loco. In questo senso, i joint supervisory team sono già preallertati e avvieranno i lavori di analisi presso i principali istituti europei nel corso delle prossime settimane. Ad essere sottoposte a controlli più stringenti saranno le concentrazioni delle esposizioni in settori come quello immobiliare.

Il tema, ovviamente, interessa in maniera trasversale tutte le banche europee. Circa il 12% dei crediti delle oltre 120 banche sotto la Vigilanza unica risulta non performing. Ma la questione può risultare particolarmente rilevante per le banche italiane, che si trovano con una mole di prestiti non performanti che si aggira sul 20% dei prestiti totali.

In questo senso, gli ispettori del Single supervisory mechanism potrebbero chiedere approfondimenti, ad esempio, sulla effettiva corrispondenza tra valore reale e valore iscritto a bilancio delle garanzie immobiliari che fanno da collaterale ai prestiti. Così come nel mirino potrebbero finire le procedure di recupero degli immobili finiti all’asta.

Complice questo nuovo round di ricognizioni sul portafoglio crediti degli istituti, che fa seguito a quello avviato in larga scala nel 2014 (la cosiddetta Asset quality review), agli istituti potrebbe essere richiesto di effettuare nuovi accantonamenti che, in ultima analisi, andrebbero a impattare su una redditività che, seppur fragilmente, appare in miglioramento. «Il peggioramento della qualità creditizia dei prestiti a imprese e famiglie e l’allentamento dei criteri di concessione destano preoccupazione in diversi paesi del Meccanismo di vigilanza unico, specie in quelli più colpiti dalla crisi», ha spiegato in una nota lo stesso braccio di Vigilanza di Francoforte.

Il questionario della Bce
Accanto all’azione ispettiva, l’Authority di Francoforte – ed è la vera novità di quest’anno – intende però affiancarne un’altra, di tipo consultivo, che si propone di formulare proposte individuali alle banche per alleggerire il fardello delle sofferenze.

L’attenzione dell’Ssm in questo caso non si rivolge a tutte le 128 banche di rilevanza sistemica ma solo agli enti creditizi con i livelli più alti di crediti deteriorati, tra cui risultano diverse italiane. Non a caso in questi giorni gli istituti “attenzionati” stanno ricevendo un corposo questionario (stock-taking) inviato dalla stessa Authority che servirà a creare un database essenziale per iniziare a studiare “caso per caso” il tema (e la composizione) delle esposizioni non performing. A guidare l’intero processo da Francoforte è una task force dedicata costituita in seno all’Ssm al cui vertice è stata chiamata l’irlandese Sharon Donnery (proveniente dalla Bank of Ireland) e a cui partecipano i rappresentanti delle singole autorità nazionali.

Nelle intenzioni della Vigilanza, la task force potrebbe aiutare anzitutto a favorire un’armonizzazione delle pratiche tra i diversi paesi europei nella gestione dei crediti deteriorati, ma anche a mettere a fattor comune le best practices in materia. Il secondo obiettivo, d’altra parte, è quello di sensibilizzare le banche ad adottare un approccio più attivo in materia di gestione dei crediti non performing, proponendo, ove possibile, misure di supporto.

In questo quadro va letta, peraltro, la recente iniziativa di Banca d’Italia, che nei giorni scorsi ha messo in consultazione un documento per l’introduzione di una specifica rilevazione statistica sul tema delle sofferenze. Attraverso la rilevazione proposta – che una voltà approvata diventerà procedimento standard – la Vigilanza conta di raccogliere informazioni in dettaglio sulle esposizioni in sofferenze delle singole banche, sulle eventuali garanzie reali che ne attuenuano il rischio di credito e sullo stato delle procedure di recupero.

La questione ovviamente si intreccia a doppio filo con la questione della bad bank di sistema, che oggi è oggetto didibattito tra il governo italiano e Bruxelles.


Autore: Luca Davi, Marco Ferrando
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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