Sarà la domanda domestica a guidare la crescita dell’Italia quest’anno, meno nel 2017. E’ quanto ha previsto il capoeconomista per l’area Emea di S&P, Jean Michael Six, durante la conferenza stampa per la presentazione dell’outlook 2016 tenutasi oggi a Milano.
“Abbiamo buone notizie: finalmente è tornata la crescita dopo diversi anni di recessione. Certamente il terzo trimestre è stato una delusione e questo rivela la fragilità della ripresa ma in Italia la domanda interna sarà un driver della crescita nel 2016 e parte del 2017”, ha sottolineato Six che per quest’anno si aspetta un +1,3% del pil dopo il +0,7% del 2015 e poi una stabilizzazione all’1,4% nel 2017.
Resta tuttavia un “grande quesito“, ovvero se a una maggior domanda interna corrisponderà una maggiore spinta sul fronte degli investimenti aziendali, un settore in cui l’Italia ha perso molto terreno nel corso degli ultimi anni. “Il grosso rischio”, ha detto Six, “e ovviamente questo non è un problema solo per l’Italia, è che l’incertezza e la volatilità a livello globale possa indurre le aziende a posporre gli investimenti a tempi migliori”.
L’esperto ha poi messo in guardia dai rischi di un ulteriore calo del prezzo del petrolio, che inchioderebbe l’Italia a una situazione di inflazione zero, rendendo ancora più difficile il compito della Bce. “Il calo dei prezzi petroliferi finora è stato positivo, ma ora siamo in una situazione in cui dobbiamo augurarci una stabilizzazione”, ha detto Six.
Comunque, ha osservato, l’economia italiana ha beneficiato sia di fattori esogeni come il crollo dei prezzi del greggio e il quantitative easing da parte della Bce sia di fattori interni come i primi effetti delle riforme strutturali varate dal governo nei mesi scorsi, ad esempio il Jobs Acts, gli sgravi fiscali e la spending review. “Riforme come il Jobs Act”, ha precisato il capo economista di S&P, “hanno iniziato ad avere qualche effetto positivo e questo dimostra che quando le riforme sono ben orchestrate possono avere effetti positivi sulla crescita”.
Invece un problema che frena l’Italia è quello dei non performing loans che sono in continua crescita a differenza di Paesi come la Spagna in cui il problema è stato affrontato a suo tempo mediante la creazione di una bad bank. La mole dei non performing loans è attorno al 20% dei prestiti e si stabilizzerà sopra a tale soglia nel corso del 2016, secondo l’analista di S&P, Mirko Sanna.
“Perché si possa registrare un miglioramento significativo della situazione dei npl”, ha affermato Sanna, “occorrerà che si registri un’accelerazione dell’economia e al tempo stesso che si crei un mercato più efficace per la cessione dei crediti deteriorati. Le misure adottate sin qui dal governo sono state positive ma occorrerà del tempo perché sortiscano pieno effetto e ogni ulteriore misura di incentivazione sarà benvenuta”.
Un fatto positivo, ha aggiunto l’analista, è che le banche italiane hanno già accantonato molto nei loro bilanci e anche nei bilanci 2015 gli accantonamenti “saranno significativi” e questo dovrebbe consentire una situazione migliore nell’arco di un paio di anni. “Riteniamo che le perdite sul credito scenderanno da 200 punti base nel 2014 a circa 70 punti base nel 2017”, ha previsto Sanna, ritenendo che il sistema bancario italiano debba affrontare rischi maggiori rispetto ai competitor europei sia per ragioni strutturali sia a causa della recessione degli ultimi anni.
In ogni caso ora l’esperto di S&P vede trend positivi sia per la ripresa manifestata nel 2015 sia grazie all’accesso a capitale a costi molto più bassi rispetto al passato. E poi il 2016 segnerà l’inizio di una fase di consolidamento del sistema anche grazie alla riforma delle popolari che dovrebbe portare a un miglioramento dell’efficienza e della corporate governance.
Al momento, l’outlook delle banche italiane rimane stabile. “Non vi è ancora un terreno favorevole per evoluzioni positive sul profilo di credito degli istituti”, ha spiegato Sanna, “anche perché i rating delle banche sono legati al rating sovrano. Molte di loro ora hanno un outlook stabile, alcune positivo, ora occorrerà vedere l’evoluzione del quadro macro. L’introduzione del meccanismo di risoluzione in quest’ottica dovrebbe rappresentare un fattore positivo perché gli istituti saranno indotti a rafforzare la propria base di capitale e i buffer di sicurezza”.
Autore: Francesca Gerosa
Fonte:
Milano Finanza
Sarà la domanda domestica a guidare la crescita dell’Italia quest’anno, meno nel 2017. E’ quanto ha previsto il capoeconomista per l’area Emea di S&P, Jean Michael Six, durante la conferenza stampa per la presentazione dell’outlook 2016 tenutasi oggi a Milano.
“Abbiamo buone notizie: finalmente è tornata la crescita dopo diversi anni di recessione. Certamente il terzo trimestre è stato una delusione e questo rivela la fragilità della ripresa ma in Italia la domanda interna sarà un driver della crescita nel 2016 e parte del 2017”, ha sottolineato Six che per quest’anno si aspetta un +1,3% del pil dopo il +0,7% del 2015 e poi una stabilizzazione all’1,4% nel 2017.
Resta tuttavia un “grande quesito“, ovvero se a una maggior domanda interna corrisponderà una maggiore spinta sul fronte degli investimenti aziendali, un settore in cui l’Italia ha perso molto terreno nel corso degli ultimi anni. “Il grosso rischio”, ha detto Six, “e ovviamente questo non è un problema solo per l’Italia, è che l’incertezza e la volatilità a livello globale possa indurre le aziende a posporre gli investimenti a tempi migliori”.
L’esperto ha poi messo in guardia dai rischi di un ulteriore calo del prezzo del petrolio, che inchioderebbe l’Italia a una situazione di inflazione zero, rendendo ancora più difficile il compito della Bce. “Il calo dei prezzi petroliferi finora è stato positivo, ma ora siamo in una situazione in cui dobbiamo augurarci una stabilizzazione”, ha detto Six.
Comunque, ha osservato, l’economia italiana ha beneficiato sia di fattori esogeni come il crollo dei prezzi del greggio e il quantitative easing da parte della Bce sia di fattori interni come i primi effetti delle riforme strutturali varate dal governo nei mesi scorsi, ad esempio il Jobs Acts, gli sgravi fiscali e la spending review. “Riforme come il Jobs Act”, ha precisato il capo economista di S&P, “hanno iniziato ad avere qualche effetto positivo e questo dimostra che quando le riforme sono ben orchestrate possono avere effetti positivi sulla crescita”.
Invece un problema che frena l’Italia è quello dei non performing loans che sono in continua crescita a differenza di Paesi come la Spagna in cui il problema è stato affrontato a suo tempo mediante la creazione di una bad bank. La mole dei non performing loans è attorno al 20% dei prestiti e si stabilizzerà sopra a tale soglia nel corso del 2016, secondo l’analista di S&P, Mirko Sanna.
“Perché si possa registrare un miglioramento significativo della situazione dei npl”, ha affermato Sanna, “occorrerà che si registri un’accelerazione dell’economia e al tempo stesso che si crei un mercato più efficace per la cessione dei crediti deteriorati. Le misure adottate sin qui dal governo sono state positive ma occorrerà del tempo perché sortiscano pieno effetto e ogni ulteriore misura di incentivazione sarà benvenuta”.
Un fatto positivo, ha aggiunto l’analista, è che le banche italiane hanno già accantonato molto nei loro bilanci e anche nei bilanci 2015 gli accantonamenti “saranno significativi” e questo dovrebbe consentire una situazione migliore nell’arco di un paio di anni. “Riteniamo che le perdite sul credito scenderanno da 200 punti base nel 2014 a circa 70 punti base nel 2017”, ha previsto Sanna, ritenendo che il sistema bancario italiano debba affrontare rischi maggiori rispetto ai competitor europei sia per ragioni strutturali sia a causa della recessione degli ultimi anni.
In ogni caso ora l’esperto di S&P vede trend positivi sia per la ripresa manifestata nel 2015 sia grazie all’accesso a capitale a costi molto più bassi rispetto al passato. E poi il 2016 segnerà l’inizio di una fase di consolidamento del sistema anche grazie alla riforma delle popolari che dovrebbe portare a un miglioramento dell’efficienza e della corporate governance.
Al momento, l’outlook delle banche italiane rimane stabile. “Non vi è ancora un terreno favorevole per evoluzioni positive sul profilo di credito degli istituti”, ha spiegato Sanna, “anche perché i rating delle banche sono legati al rating sovrano. Molte di loro ora hanno un outlook stabile, alcune positivo, ora occorrerà vedere l’evoluzione del quadro macro. L’introduzione del meccanismo di risoluzione in quest’ottica dovrebbe rappresentare un fattore positivo perché gli istituti saranno indotti a rafforzare la propria base di capitale e i buffer di sicurezza”.
Autore: Francesca Gerosa
Fonte:
Milano Finanza