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L’Agenzia delle Entrate è legittimata a procedere all’accertamento fiscale per versamenti sospetti sul conto

La Cassazione con la sentenza n. 18125/15 del 15.09.2015 ha chiarito che l’Agenzia delle Entrate è legittimata ad effettuare accertamenti fiscali per versamenti sospetti nei riguardi di tutti i contribuenti, a prescindere dall’attività da essi esercitata. Stando a quanto stabilito dalla Corte, l’accertamento fiscale di tipo bancario, basato su versamenti sospetti sul c/c, è sempre legittimo, anche laddove i conti risultino cointestati al 50% con parenti. Il contribuente non potrà dunque essere salvato nemmeno da un eventuale cointestazione con un familiare più facoltoso, solito, magari, a fare versamenti di determinate dimensioni.

L’accertamento fiscale su movimentazioni sospette sul c/c, specifica la sentenza emanata pochi giorni fa, è pur sempre legittimo. Dovrà al più essere cura del contribuente difendersi, fornendo la prova contraria della regolarità delle operazioni bancarie, al fine di giustificarne la reale movimentazione che ha fatto scattare, a quel punto inutilmente, ‘la spia d’allarme’ all’Agenzia delle Entrate.

Nel caso di specie è stato rigettato il ricorso di una contribuente alla quale l’ufficio aveva attribuito versamenti ingiustificati e sospetti nonostante la cointestazione del rapporto con la madre proprietaria di molti immobili e redditi. Infatti, sebbene la titolarità congiunta sia stata accertata, questa per i Supremi giudici non rappresenta una circostanza tale da salvare da eventuali spie e indicatori dell’Agenzia delle Entrate. I dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari, si legge nella Sentenza, assumono sempre rilievo ai fini della ricostruzione del reddito imponibile, se il titolare di detti conti non riesce a fornire adeguata giustificazione.

La norma, nel consentire gli accertamenti fiscali sul conto corrente di qualsiasi contribuente, si riferisce però ai soli versamenti, mentre esclude la possibilità per l’Ufficio di desumere reddito in nero dai “prelievi“ Nel primo caso, la Cassazione non prevede  il ‘salvataggio’ di nessuno dagli accertamenti bancari, la legge Art. 32 e 28 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600  ha portata generale e si riferisce alla rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia la natura dell’attività svolta e dalla quale quei redditi provengano. Il contribuente deve dimostrare che i versamenti sospetti non si riferiscono ad operazioni imponibili, dunque occorre una prova analitica, con indicazione cioè della riferibilità di ogni singolo versamento.

Per quanto concerne gli accertamenti sui prelievi non giustificati, invece, questi sono consentiti solo per gli imprenditori (la legge presume la produzione di un reddito da una spesai). La Corte Costituzionale ha, infatti, da poco graziato i lavoratori autonomi che sono soliti utilizzare il conto anche per fini familiari e quindi tendenzialmente potrebbero prelevare somme anche per esigenze legate alla vita quotidiana.


Autore: Erica Venditti
Fonte:
Redazione Credit Village

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