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Spagna, boom di rinunce all’eredità per evitare le ‘polpette avvelenate’ dei debiti

Un’eredità può trasformarsi a volte in una polpetta avvelenata. Si sa, il caro estinto può lasciare, insieme a un ricco patrimonio, anche imbarazzanti debiti difficili da coprire. E allora è comprensibile che, da quando è iniziata la più grave crisi economica degli ultimi decenni, sia sempre più alto il numero di spagnoli che rinunciano al “regalo” con sorpresa inclusa. Secondo quanto rivela un rapporto del Consiglio generale dei notai, riportato dal quotidiano El Mundo, se nel 2007 gli atti di rinuncia furono 11.047, nel 2014 la cifra è lievitata fino a 34.332. Un incremento del 211 per cento. All’inizio della crisi (era la fase in cui il governo Zapatero evitava di pronunciare quella parola, parlando di semplice “rallentamento”) venivano respinte solo il 3 per cento delle circa 320mila eredità. Oggi la cifra si avvicina al 10 per cento del totale di 360mila atti notarili.

Il motivo: appunto il sospetto, o la certezza, che il defunto abbia lasciato pesanti debiti. Ma anche la mancata conoscenza, da parte degli interessati, delle norme di legge che potrebbero consentire all’erede di limitare i rischi. Il problema riguarda soprattutto i beni immobili soggetti a prestito ipotecario o altri tipi di carichi pendenti. In linea generale, quando si accetta l’eredità ci si impegna anche a onorare gli eventuali debiti del defunto e, nel caso in cui i suoi attivi non siano sufficienti per coprire le spese, la legge permette di agire contro il patrimonio del beneficiario. Una questione che fino al 2007, anno d’inizio del “pinchazo” – l’esplosione della bolla immobiliare – era considerata irrilevante: durante il boom era facile vendere le case, che per dieci anni avevano visto crescere i prezzi in modo esponenziale, e giovarsi del surplus come eredità. Con il crollo del mercato, nessuno riusciva più a vendere e il settore immobiliare restava in fase di stallo in attesa che i prezzi si sgonfiassero ulteriormente. A questo si aggiunge il fatto che le banche avevano chiuso il rubinetto dei crediti per gli eventuali acquirenti. Situazione troppo intricata perché semplici cittadini della classe media potessero permettersi il lusso di apporre una firma su un atto notarile che rischiava di rovinargli la vita. In più, un altro deterrente all’accettazione delle eredità erano le pesanti imposte di successione previste da alcune amministrazioni regionali (seppure con enormi disparità: altissima in Andalusia, quasi nulla a Madrid).

Così, nei casi di rinuncia all’eredità – che solo da quest’anno, con la ripresa economica e il calo della disoccupazione, cominciano a subire una flessione – sono le amministrazioni pubbliche, Stato o regioni, ad acquisire la proprietà dei beni del defunto. Però, come prevede il Codice civile, lo fanno “con beneficio d’inventario”. Questo significa che si fanno carico dei debiti solo fino al punto in cui vengono coperti dagli attivi lasciati in eredità dall’estinto. Non devono rispondere con il loro patrimonio nel caso in cui questi non siano sufficienti. Una formula, quella del “beneficio d’inventario”, alla quale potrebbero fare ricorso anche i comuni cittadini, ma in parecchi non ne sono al corrente. In sostanza, potrebbero decidere un’accettazione preliminare dell’eredità che serva a calcolare se il patrimonio del parente defunto è sufficiente a estinguere il debito. In caso contrario, pososno sempre respingere il regalo avvelenato.


Autore: Alessandro Oppes
Fonte:

Repubblica

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