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“Nessun regalo alle banche. Vantaggi per tutti”

Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, è un uomo di diritto: non voleva dare l’intervista prima di studiarsi il decreto legge varato dal governo martedì – ma pubblicato in Gazzetta ufficiale sabato – per ridurre da cinque anni a uno le perdite su crediti e velocizzare i tempi del contenzioso creditizio. E in effetti, passate alla lente le 26 pagine ipertecniche, gli ipotetici “aiuti alle banche”, che i detrattori stimavano in qualche miliardo per l’erario, non ci sono: una cinquantina di milioni in tutto. «Nel decreto non ci sono nè prelievi, nè regali: non c’è passaggio di quattrini da chicchessia a chicchessia. Non è una legge di stabilità, piuttosto un efficientamento, scritto in punta di diritto, della legge di procedura fallimentare risalente al 1942, e della deducibilità delle perdite su crediti. E’ semplicemente un provvedimento di legalità, che ci avvicina all’Europa».
Molti osservatori gridano all’ultimo di una serie di favori governativi alle banche in difficoltà.
 
«Non vedo favori: il governo prende iniziative legate al fatto che l’Italia è parte dell’Europa, e dal 4 novembre scorso l’Unione bancaria non consente ai paesi membri di convivere nelle diversità normative: servono regole identiche, perchè i quattrini al Brennero non li ferma più nessuno, con un mercato e istituzioni uniche a vigilare. Il presidente Matteo Renzi ha studiato diritto in una buona facoltà (la stessa di Patuelli a Firenze,ndr ), e il suo governo fa scelte conseguenti alla decisione di far parte dell’unione economica, monetaria, e bancaria».
Ma come sono “scomparsi” i 3 miliardi di costo stimato per ridurre i tempi di deducibilità delle perdite?
«Con un marchingegno ben pesato che rende graduali, dal 2015 al 2025, le quantità deducibili. In questo modo si elimina il dualismo tra bilancio civilistico e bilancio fiscale, e su supera anche la questione dei crediti per imposte anticipate, contestata dall’Ue».
Che effetti prevede per le banche italiane?
«Prevedo un circuito virtuoso che non riguarda necessariamente il credito: è come il colesterolo, se uno ce l’ha alto la circolazione è lenta. Del resto se l’Europa ha previsto che nei paesi membri le fatture siano regolate a 60 giorni, non possiamo poi avere fino a 20 anni per chi non le paga. Da queste misure tutti gli onesti avranno da guadagnare: famiglie, imprese e banche. Evasori ed elusori invece, e chi contesta la legge con la tesi che poi la sentenza arriva tra 20 anni, sarà costretto a transare o a subire».
Ci sarà più credito? Qualche operatore prevede un aumento del 4%, ma ogni mese i dati registrano un calo.
«Ma chiaramente! Se i tempi sono più rapidi la macchina del credito trae giovamento: del resto le banche devono essere particolarmente prudenti nell’accantonare proprio nelle aree dove i tempi della giustizia civile sono più lunghi».
Dopo questo decreto realizzare la “bad bank” in Italia serve ancora?
«Intanto parliamo italiano: la bad bank fa riferimento a istituti di diritto precedenti il 4 novembre 2014. Da allora non sono possibili salvataggi di Stato per le banche, e peraltro l’Italia non ne aveva fatti, solo prestiti al tasso del 10% annuo e tutti rimborsati. Ora bisogna valutare se ci sono nuove vie per rendere più efficiente lo smaltimanto dei crediti in mora, in Italia e fuori, con metodologie di mercato che possano essere prescelte da alcune banche e non implichino costi per lo Stato. In questo senso vedo approfondimenti in chiave innovativa, tra il ministro del Tesoro e la Commissione europea».
Il referendum greco: fallimento dei politici o miopia dei creditori?
«La trattativa non è finita: siamo su un tornante sdrucciolevole, ma le procedure vanno rispettate. Vedo molta coesione dell’Occidente, e noto che Juncker e Draghi non hanno ancora alzato i ponti levatoi».

 


Autore: Repubblica
Fonte:

Andrea Greco

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