Scelti per voi

Tempi di pagamento, si svolta

Uno degli indicatori più concreti e affidabili di come stia evolvendo il ciclo economico è probabilmente quello dei ritardi dei pagamenti tra imprese e tra pubblica amministrazione e imprese.  Secondo le previsioni per il 2015 di Euler Hermes, quest’anno ci sarà una riduzione dei tempi medi dai 115 giorni del 2014 a 110. Più o meno la stessa situazione si sta verificando con i tempi medi di pagamento della pubblica amministrazione. Nell’ultimo anno l’arretrato, che era di circa 70 miliardi è calato di 5 miliardi, nonostante gli oltre 30 miliardi che risultano essere stati pagati dopo i finanziamenti aggiuntivi stanziati dal governo (il problema è che nel frattempo si è creato in modo silenzioso ulteriore credito arretrato che ha finito per lasciare quasi invariato lo stock). La prima considerazione è che tutti gli interventi normativi attuati su questi fronti sono stati pressoché inutili.


Dal gennaio 2012 è in vigore il decreto legislativo n. 192 che recepisce la direttiva europea 2011/7 sui ritardi di pagamento. In base a queste disposizioni le amministrazioni pubbliche hanno 30 giorni per saldare il loro debiti (60 solo in casi eccezionali). Per i pagamenti tra le imprese il termine è di 60 giorni. In caso di ritardo il creditore è autorizzato ad applicare in modo automatico interessi di mora (8 punti più del tasso ufficiale Bce) più almeno 40 euro a titolo di risarcimento forfetario delle spese di recupero. Ma sembrano norme scritte sulla sabbia, perché la maggior parte dei creditori non si è mai nemmeno sognato di chiederne l’applicazione. Perché? Qualche volta per non perdere il cliente, qualche volta perché ci si rende conto che se il cliente non paga è perché proprio gli manca la liquidità (e magari non è colpa sua, perché a sua volta non è stato pagato, o non ha ottenuto il credito bancario che si attendeva). Addirittura sul versante pubblica amministrazione, i ripetuti interventi normativi e gli stanziamenti di fondi di oltre 50 miliardi, non sono riusciti a dare una svolta decisiva al problema dei ritardi. Una pubblica amministrazione fuorilegge.


Il risultato finale è che, secondo gli ultimi dati disponibili, oltre il 70% delle imprese italiane soffre di problemi di liquidità riconducibili al ritardo nei pagamenti. Ovvio che queste imprese, a loro volta, non saranno puntuali nei rapporti con i loro creditori.
Ecco spiegato perché né le direttive europee, né le norme nazionali sono riuscite a ottenere risultati significativi. Chi non ha la liquidità necessaria per far fronte ai suoi impegni commerciali non si preoccupa certo di violare un termine previsto da una direttiva europea (violato allegramente dalla gran parte delle pubbliche amministrazioni che invece dovrebbero essere un esempio di correttezza, almeno da questo punto di vista).


L’unica speranza sembra arrivare dalla svolta congiunturale. La svalutazione dell’euro, il calo del prezzo del petrolio, il quantitative easing della Bce sono elementi che dovrebbero contribuire a fare uscire l’Italia dalla stagnazione. Non è quindi senza fondamento la previsione di una riduzione, anche se modesta, dei tempi medi di attesa dei pagamenti (4% rispetto al 2014) e delle insolvenze aziendali (del 2% rispetto al 2014). Si tratta di stime. Sono progressi ancora molto piccoli. Sono tuttavia un segnale che la situazione generale del sistema paese ha invertito la sua rotta e che le lancette del barometro dell’economia, dopo 7 anni di brutto tempo, ora si stanno finalmente spostando nel quadrante che indica il cielo sereno.


Autore: Marino Longoni
Fonte:

Italia Oggi

Credit Village è oggi il punto di incontro e riferimento - attraverso le sue tre aree, web, editoria, eventi - di professionisti, manager, imprenditori e operatori della gestione del credito. Nasce nel 2002 con l’intento di diffondere anche in Italia, così come avveniva nel mondo anglosassone, la cultura del Credit e Collection Management.