Bocciate le divisioni statunitensi di Deutsche Bank e di Banco Santander, colpevoli di «ampie e sostanziali debolezze» nei loro piani di capitale. È questo il verdetto degli stress test qualitativi condotti dalla Federal Reserve su 31 grandi istituti. Le divisioni delle due grandi banche europee, accusate di carenze nel prevedere perdite e valutare rischi, non potranno aumentare i dividendi versati alla casa madre e dovranno rivedere i loro progetti per ripresentarli alla Banca centrale.
Anche le banche statunitensi escono con più di un livido. Bank of America ha ottenuto un’approvazione condizionata alla riformulazione del piano di remunerazione degli azionisti entro la fine del terzo trimestre. E JP Morgan, Goldman Sachs e Morgan Stanley hanno strappato la promozione per il rotto della cuffia: hanno ridimensionato in extremis i loro piani per ottenere la sufficienza. Le altre 25 grandi banche esaminate cinque estere – hanno invece ricevuto senza troppi drammi un via libera ai rispettivi progetti di dividendi o buyback, che la Fed ha giudicato ragionevoli e non dannosi per la salute degli istituti e del sistema finanziario anche in caso di rovesci economici.
La seconda e più dura prova degli stress test americani verifica il risk management e la governance dei singoli istituti per approvare o meno i progetti di distribuzione del capitale ai soci. Il 5 marzo la Fed aveva già promosso tutti e 31 gli istituti analizzati per il loro rispetto dei requisiti minimi quantitativi, cioè un capitale Tier 1 superiore al 5% in caso di una nuova crisi con disoccupazione oltre il 10% e orezzi immobiliari caduti del 25 per cento.
Il maggior sospiro di sollievo l’ha tirato Citigroup: bocciata durante tre degli ultimi quattro test, il suo chief executive Michael Corbat aveva minacciato le dimissioni se non fosse passata.
Deutsche Bank non è stata promossa perché la Fed ha idenitifcato «numerose e significative deficienze» nellunità americana Deutsche Bank Trust Corp., inclusa la sua capacità di identificare i rischi e di imporre controlli interni.
L’esito negativo per Deutsche e Santander era al contrario atteso dagli analisti. Le banche estere sono impegnate in assunzioni di nuovi dirigenti e investimenti in tecnologia per affrontare i giri di vite sui controlli messi in atto dalla Fed. L’offensiva solleva preoccupazioni in Europa, che rivendica come già adeguati i propri stress test sulle banche. Ma la Fed, i cui esami qualitativi non hanno parelleli nel vecchio continente, intende evitare il ripetersi di quanto accaduto nel 2008, quando numerosi istituti internazionali dovettero essere salvati dalla liquidità mobilitata dalla Banca centrale.
La Fed ha deciso in particolare di richiedere alle grandi divisioni statunitensi dei gruppi stranieri di passare gli stessi esami ai quali sottopone le banche nazionali. Questi gruppi avranno tempo fino al 2016 per creare una holding unica di tutti gli asset Usa, che dovrà essere capitalizzata separatemente, con requisiti in regola con i minimi previsti, entro il 2017. L’anno scorso sei banche europee si erano presentate ai test e tre li avevano falliti (Royal Bank of Scotland, Hsbc e la stessa Santander); quest’anno sono giunte alla prova in sette e eventualmente, in futuro, secondo le stime della Fed saranno 17.
Autore: Marco Valsania
Fonte:
Il Sole 24 Ore
Bocciate le divisioni statunitensi di Deutsche Bank e di Banco Santander, colpevoli di «ampie e sostanziali debolezze» nei loro piani di capitale. È questo il verdetto degli stress test qualitativi condotti dalla Federal Reserve su 31 grandi istituti. Le divisioni delle due grandi banche europee, accusate di carenze nel prevedere perdite e valutare rischi, non potranno aumentare i dividendi versati alla casa madre e dovranno rivedere i loro progetti per ripresentarli alla Banca centrale.
Anche le banche statunitensi escono con più di un livido. Bank of America ha ottenuto un’approvazione condizionata alla riformulazione del piano di remunerazione degli azionisti entro la fine del terzo trimestre. E JP Morgan, Goldman Sachs e Morgan Stanley hanno strappato la promozione per il rotto della cuffia: hanno ridimensionato in extremis i loro piani per ottenere la sufficienza. Le altre 25 grandi banche esaminate cinque estere – hanno invece ricevuto senza troppi drammi un via libera ai rispettivi progetti di dividendi o buyback, che la Fed ha giudicato ragionevoli e non dannosi per la salute degli istituti e del sistema finanziario anche in caso di rovesci economici.
Il maggior sospiro di sollievo l’ha tirato Citigroup: bocciata durante tre degli ultimi quattro test, il suo chief executive Michael Corbat aveva minacciato le dimissioni se non fosse passata.
Deutsche Bank non è stata promossa perché la Fed ha idenitifcato «numerose e significative deficienze» nellunità americana Deutsche Bank Trust Corp., inclusa la sua capacità di identificare i rischi e di imporre controlli interni.
L’esito negativo per Deutsche e Santander era al contrario atteso dagli analisti. Le banche estere sono impegnate in assunzioni di nuovi dirigenti e investimenti in tecnologia per affrontare i giri di vite sui controlli messi in atto dalla Fed. L’offensiva solleva preoccupazioni in Europa, che rivendica come già adeguati i propri stress test sulle banche. Ma la Fed, i cui esami qualitativi non hanno parelleli nel vecchio continente, intende evitare il ripetersi di quanto accaduto nel 2008, quando numerosi istituti internazionali dovettero essere salvati dalla liquidità mobilitata dalla Banca centrale.
La Fed ha deciso in particolare di richiedere alle grandi divisioni statunitensi dei gruppi stranieri di passare gli stessi esami ai quali sottopone le banche nazionali. Questi gruppi avranno tempo fino al 2016 per creare una holding unica di tutti gli asset Usa, che dovrà essere capitalizzata separatemente, con requisiti in regola con i minimi previsti, entro il 2017. L’anno scorso sei banche europee si erano presentate ai test e tre li avevano falliti (Royal Bank of Scotland, Hsbc e la stessa Santander); quest’anno sono giunte alla prova in sette e eventualmente, in futuro, secondo le stime della Fed saranno 17.
Autore: Marco Valsania
Fonte:
Il Sole 24 Ore