II volenteroso ottimismo della politica monetaria confrontato con lo scettico realismo di chi fa impresa. Da oggi parte il Quantitative easing della Bce, ma le piccole imprese sotto i 20 dipendenti, che rappresentano in Italia la spina dorsale dell’economia italiana e il 57% dell’occupazione, che aspettative hanno? Non particolarmente entusiasmanti. La domanda di credito è ai minimi e non sembra destinata a risollevarsi in tempi rapidi. Un po’ di storia, per capire. La Bce, dal 2010-2011, ha già inondato ilmercato-attraverso misure non convenzionali – con circa 1.500 miliardi di euro e altri 494 sono previsti fra quest’anno e il prossimo con le aste trimestrali Tltro. Tutte operazioni che avrebbero dovuto, passando per il tramite degli istituti di cre dito, dare liquidità al sistema delle imprese e alle famiglie.
Solo che le risorse derivanti dalle operazioni long term sono state trattenute in larga parte dalle banche per ricapitalizzarsi o comprare, con il denaro offerto dalla Bce a tassi ridicoli, titoli di Stato e lucrare sulla differenza di rendimento. Alle aziende e ai privati, i destinatari principali, sono arrivate solo le briciole. Per questo le attese generali delle piccole imprese italiane, anche verso il Quantitative easing targato Bce (un programma da oltre mille miliardi che durerà restano un po’ fredde. Un aiuto per capire che cosa ne pensano i protagonisti della struttura economica italiana viene da uno studio di Fondazione Impresa. «Il prolungarsi della crisi economica e lo spettro della deflazione – si legge nel sesto Osservatorio sul credito alla piccola impresa – hanno indotto la Bce ad assumere alcune iniziative per superare il credit crunch e drenare risorse all’economia reale. Nello specifico la Bce ha lavorato su più fronti. Dapprima portando il tasso di rifinanziamento principale ai minimi (0,05%) e, in secondo luogo, attraverso prestiti alle banche mirati al finanziamento dell’economia reale (imprese e famiglie); queste ultime operazioni (Tltro) hanno avuto avvio nel 2014, con la prima ondata di prestiti a settembre e la seconda a dicembre. Le richieste sono state inferiori alle attese e nel caso delle banche italiane si stima che queste abbiano preso a prestito circa 50 miliardi di euro sui 70-75 potenzialmente disponibili». Ma queste iniziative, assieme al Qe, riusciranno ad agevolare il credito e a favorire la ripresa? I due terzi (65,8%) delle mille piccole imprese intervistate fra fine febbraio e inizio marzo sono pessimiste. E solo poco più di un’impresa su dieci ( 11,4%) concorda sul fatto che le misure assunte dalla Bce faranno ripartire il credito. A livello settoriale la sfiducia prevale nel commercio (77,4%) e nell’artigianato (71,8%) più che nella manifattura. Anche a livello statistico si verifica come queste misure non abbiano favorito una ripresa dei finanziamenti, per i quali la dicono da Fondazione Impresa -, nonostante le due operazioni Tltro di settembre e dicembre, il credito alle piccole imprese ha continuato a diminuire (-5,3% la contrazione su base annua per gli impieghi vivi, scesi dai 151,3 miliardi di euro registrati a fine dicembre 2013 ai 143,4 di fine dicembre 2014).
La ripresa dei finanziamenti sarà quindi vincolata agli effetti prodotti dalle nuove quattro aste Tltro del 2015, ma soprattutto dal Quantitative easing con il quale la Bce si è prefissata di acquistare 60 miliardi di titoli al mese fintanto che l’inflazione non si riporterà su livelli ottimali». D’altra parte le condizioni di accesso al credito continuano a peggiorare: nel 62,4% dei casi le piccole imprese hanno riscontrato difficoltà a ottenere i finanziamenti. I settori più penalizzati sono commercio e artigianato, l’area geografica con più ostacoli nei prestiti è il Mezzogiorno. Le ragioni? La richiesta di garanzie eccessive (46,9% degli intervistati), le procedure lunghe (22,9%), i tassi elevati (21,9%) e i costi bancari (8,6%). Una piccola impresa su dieci (10,4%), a livello generale, non ha ottenuto il finanziamento richiesto nel periodo ottobre 2Oi4-marzo 2015. Ma qualche segnale positivo, nella ricerca di Fondazione Impresa, c’è. La maggioranza delle imprese (52,7%) è ancora costretta a chiedere finanziamenti per sopperire alle esigenze di liquidità, ma sta crescendo la quota di credito per gli investimenti: negli ultimi sei mesi il 26,7% delle piccole imprese ha richiesto finanziamenti per nuovi investimenti, più di quanto registrato nel semestre precedente (23,2%) e soprattutto rispetto al 16,8% di un anno e mezzo prima. Un indizio di «come le piccole imprese sopravvissute alla crisi stiano intraprendendo più progetti di investimento, in modo da cogliere e accompagnare i segnali di ripresa».
Autore: Alberto Ronchetti
Fonte:
Il Sole 24 Ore
II volenteroso ottimismo della politica monetaria confrontato con lo scettico realismo di chi fa impresa. Da oggi parte il Quantitative easing della Bce, ma le piccole imprese sotto i 20 dipendenti, che rappresentano in Italia la spina dorsale dell’economia italiana e il 57% dell’occupazione, che aspettative hanno? Non particolarmente entusiasmanti. La domanda di credito è ai minimi e non sembra destinata a risollevarsi in tempi rapidi. Un po’ di storia, per capire. La Bce, dal 2010-2011, ha già inondato ilmercato-attraverso misure non convenzionali – con circa 1.500 miliardi di euro e altri 494 sono previsti fra quest’anno e il prossimo con le aste trimestrali Tltro. Tutte operazioni che avrebbero dovuto, passando per il tramite degli istituti di cre dito, dare liquidità al sistema delle imprese e alle famiglie.
Solo che le risorse derivanti dalle operazioni long term sono state trattenute in larga parte dalle banche per ricapitalizzarsi o comprare, con il denaro offerto dalla Bce a tassi ridicoli, titoli di Stato e lucrare sulla differenza di rendimento. Alle aziende e ai privati, i destinatari principali, sono arrivate solo le briciole. Per questo le attese generali delle piccole imprese italiane, anche verso il Quantitative easing targato Bce (un programma da oltre mille miliardi che durerà restano un po’ fredde. Un aiuto per capire che cosa ne pensano i protagonisti della struttura economica italiana viene da uno studio di Fondazione Impresa. «Il prolungarsi della crisi economica e lo spettro della deflazione – si legge nel sesto Osservatorio sul credito alla piccola impresa – hanno indotto la Bce ad assumere alcune iniziative per superare il credit crunch e drenare risorse all’economia reale. Nello specifico la Bce ha lavorato su più fronti. Dapprima portando il tasso di rifinanziamento principale ai minimi (0,05%) e, in secondo luogo, attraverso prestiti alle banche mirati al finanziamento dell’economia reale (imprese e famiglie); queste ultime operazioni (Tltro) hanno avuto avvio nel 2014, con la prima ondata di prestiti a settembre e la seconda a dicembre. Le richieste sono state inferiori alle attese e nel caso delle banche italiane si stima che queste abbiano preso a prestito circa 50 miliardi di euro sui 70-75 potenzialmente disponibili». Ma queste iniziative, assieme al Qe, riusciranno ad agevolare il credito e a favorire la ripresa? I due terzi (65,8%) delle mille piccole imprese intervistate fra fine febbraio e inizio marzo sono pessimiste. E solo poco più di un’impresa su dieci ( 11,4%) concorda sul fatto che le misure assunte dalla Bce faranno ripartire il credito. A livello settoriale la sfiducia prevale nel commercio (77,4%) e nell’artigianato (71,8%) più che nella manifattura. Anche a livello statistico si verifica come queste misure non abbiano favorito una ripresa dei finanziamenti, per i quali la dicono da Fondazione Impresa -, nonostante le due operazioni Tltro di settembre e dicembre, il credito alle piccole imprese ha continuato a diminuire (-5,3% la contrazione su base annua per gli impieghi vivi, scesi dai 151,3 miliardi di euro registrati a fine dicembre 2013 ai 143,4 di fine dicembre 2014).
La ripresa dei finanziamenti sarà quindi vincolata agli effetti prodotti dalle nuove quattro aste Tltro del 2015, ma soprattutto dal Quantitative easing con il quale la Bce si è prefissata di acquistare 60 miliardi di titoli al mese fintanto che l’inflazione non si riporterà su livelli ottimali». D’altra parte le condizioni di accesso al credito continuano a peggiorare: nel 62,4% dei casi le piccole imprese hanno riscontrato difficoltà a ottenere i finanziamenti. I settori più penalizzati sono commercio e artigianato, l’area geografica con più ostacoli nei prestiti è il Mezzogiorno. Le ragioni? La richiesta di garanzie eccessive (46,9% degli intervistati), le procedure lunghe (22,9%), i tassi elevati (21,9%) e i costi bancari (8,6%). Una piccola impresa su dieci (10,4%), a livello generale, non ha ottenuto il finanziamento richiesto nel periodo ottobre 2Oi4-marzo 2015. Ma qualche segnale positivo, nella ricerca di Fondazione Impresa, c’è. La maggioranza delle imprese (52,7%) è ancora costretta a chiedere finanziamenti per sopperire alle esigenze di liquidità, ma sta crescendo la quota di credito per gli investimenti: negli ultimi sei mesi il 26,7% delle piccole imprese ha richiesto finanziamenti per nuovi investimenti, più di quanto registrato nel semestre precedente (23,2%) e soprattutto rispetto al 16,8% di un anno e mezzo prima. Un indizio di «come le piccole imprese sopravvissute alla crisi stiano intraprendendo più progetti di investimento, in modo da cogliere e accompagnare i segnali di ripresa».
Autore: Alberto Ronchetti
Fonte:
Il Sole 24 Ore