L israeliana Hapoalim Bank non sarebbe la sola interessata al business di Banca Etruria. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza tra i fondi che si sono affacciati per acquisire asset, e nel caso specifico non performing loan, della banca aretina commissariata 1′ 11 febbraio, c’è anche Algebris Npl Fund 1, il fondo di Davide Serra riservato a investitori istituzionali lanciato a ottobre 2014 che si era posto come target di raccolta 400 milioni di euro e ne ha invece raccolti 440.
Forte di questa liquidità il fondo, che è fecalizzato espressamente su oprazioni di investimento in banche italiane, sta guardando ai diversi portafogli delle popolari. Compreso quello di Etruria. Nello specifico, prima del commissariamento della banca aretina, aveva avanzato una proposta alla Banca d’Italia, che si trovava in ispezione permanente nell’istituto, per acquisire crediti deteriorati del valore nominale di 750 milioni. Il fondo è ancora interessato ad acquisire lo stock di npi e valuterebbe anche la partecipazione a un’eventuale ricapitalizzazione della banca. Perché il finanziere avrebbe scritto a Via Nazionale?
E perché la manifestazione di interesse non è arrivata sul tavolo del cda della banca? Le risposte sono più di una. Banca d’Italia, come ricordato, si trovava già in ispezione permanente nell’istituto e aveva dettato la linea da seguire: quella dell’aggregazione con una banca di elevato standing. Gli asset (compresi gli npi) erano congelati in attesa di questo matrimonio e per acquistarne parte era necessario, riporta una fonte, avere il benestare di Via Nazionale. Inoltre, buona parte del cda della banca era contra ria all’ingresso di un fondo nel capitale, n passaggio alla Banca d’Italia, prima della formulazione di un’offerta, era dunque obbligato. Gli npi di Etruria fanno gola a molti. La banca, in un recente piano di razionalizzazione approvato dal cda, aveva stabilito di separare lo stock di npi in uno specifico comparto aziendale dedicato alla gestione industrializzata dei crediti. Nei nove mesi Banca Etruria contava oltre 2 miliardi di sofferenze. Uno stock separato nell’ottica di una futura cessione, probabilmente in un momento successivo all’agogna- ta aggregazione. Ma poi la banca è stata commissariata per gravi irregolarità patrimoniali. Perché prima del commissariamento non sono state effettuate le cessioni che avrebbero potuto avere un impatto positivo anche sul patrimonio? È la domanda che si pongono numerosi osservatori. Bankitalia potrebbe forse aver congelato gli npi in attesa della bad bank di Stato, progetto alla quale il governo sta seriamente lavorando Di certo, come anticipato da MF-Milano Finanza il 18 febbraio scorso e ribadito ieri dal Messaggero, tra gli interessati agli asset dell’istituto ci sarebbe anche la più importante banca israeliana. L’istituto guarderebbe soprattutto, anche se non esclusivamente, al business dell’oro: Etruria ne commercializza 70 tonnellate all’anno. La banca, in origine, aveva manifestato l’intenzione di partecipare alla ricapitalizzazione dell’istituto mettendo sul piatto 500 milioni
Fonte:
Milano Finanza
L israeliana Hapoalim Bank non sarebbe la sola interessata al business di Banca Etruria. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza tra i fondi che si sono affacciati per acquisire asset, e nel caso specifico non performing loan, della banca aretina commissariata 1′ 11 febbraio, c’è anche Algebris Npl Fund 1, il fondo di Davide Serra riservato a investitori istituzionali lanciato a ottobre 2014 che si era posto come target di raccolta 400 milioni di euro e ne ha invece raccolti 440.
Forte di questa liquidità il fondo, che è fecalizzato espressamente su oprazioni di investimento in banche italiane, sta guardando ai diversi portafogli delle popolari. Compreso quello di Etruria. Nello specifico, prima del commissariamento della banca aretina, aveva avanzato una proposta alla Banca d’Italia, che si trovava in ispezione permanente nell’istituto, per acquisire crediti deteriorati del valore nominale di 750 milioni. Il fondo è ancora interessato ad acquisire lo stock di npi e valuterebbe anche la partecipazione a un’eventuale ricapitalizzazione della banca. Perché il finanziere avrebbe scritto a Via Nazionale?
E perché la manifestazione di interesse non è arrivata sul tavolo del cda della banca? Le risposte sono più di una. Banca d’Italia, come ricordato, si trovava già in ispezione permanente nell’istituto e aveva dettato la linea da seguire: quella dell’aggregazione con una banca di elevato standing. Gli asset (compresi gli npi) erano congelati in attesa di questo matrimonio e per acquistarne parte era necessario, riporta una fonte, avere il benestare di Via Nazionale. Inoltre, buona parte del cda della banca era contra ria all’ingresso di un fondo nel capitale, n passaggio alla Banca d’Italia, prima della formulazione di un’offerta, era dunque obbligato. Gli npi di Etruria fanno gola a molti. La banca, in un recente piano di razionalizzazione approvato dal cda, aveva stabilito di separare lo stock di npi in uno specifico comparto aziendale dedicato alla gestione industrializzata dei crediti. Nei nove mesi Banca Etruria contava oltre 2 miliardi di sofferenze. Uno stock separato nell’ottica di una futura cessione, probabilmente in un momento successivo all’agogna- ta aggregazione. Ma poi la banca è stata commissariata per gravi irregolarità patrimoniali. Perché prima del commissariamento non sono state effettuate le cessioni che avrebbero potuto avere un impatto positivo anche sul patrimonio? È la domanda che si pongono numerosi osservatori. Bankitalia potrebbe forse aver congelato gli npi in attesa della bad bank di Stato, progetto alla quale il governo sta seriamente lavorando Di certo, come anticipato da MF-Milano Finanza il 18 febbraio scorso e ribadito ieri dal Messaggero, tra gli interessati agli asset dell’istituto ci sarebbe anche la più importante banca israeliana. L’istituto guarderebbe soprattutto, anche se non esclusivamente, al business dell’oro: Etruria ne commercializza 70 tonnellate all’anno. La banca, in origine, aveva manifestato l’intenzione di partecipare alla ricapitalizzazione dell’istituto mettendo sul piatto 500 milioni
Fonte:
Milano Finanza