Nel momento in cui in Italia si discute della possibile creazione di una bad bank, uno studio del Fondo monetario internazionale sollecita una strategia ad ampio raggio, con interventi sul fronte di vigilanza, fiscale e legale, per sviluppare un mercato delle sofferenze delle banche italiane. Ci sono una serie di impedimenti, osservano in un paper che sarà pubblicato oggi (“A strategy for developing a market for non performing loans in Italy”) due economisti dell’Fmi, Nadège Jassaud e Kenneth Kang, che vanno rimossi per liberare le banche del peso delle sofferenze e consentire loro di far ripartire il credito. Lo studio sostiene che facilitare «la ristrutturazione del debito e la conversione in capitale potrebbe anche iniettare significativi capitali nelle imprese e favorire un deleveraging “buono”. Alla fine, un mercato per le sofferenze potrebbe generare un circolo virtuoso, dove il progresso nella pulizia dei bilanci delle banche e nella ristrutturazione dei debitori in sofferenza rafforza la fiducia, migliora la redditività delle banche e libera risorse per sostenere nuovo credito nella fase di ripresa».
II Fondo monetario nota che in Italia le sofferenze sono triplicate dallo scoppio della crisi finanziaria globale nel 2007, ma accantonamenti e svalutazioni non hanno tenuto il passo, con un impatto pesante su redditività delle banche e nuovi prestiti, in contrasto con l’esperienza di altri Paesi che avevano subito un analogo boom delle sofferenze. Il mercato per le sofferenze non ha finora risposto agli effetti della crisi, nota lo studio, nonostante qualche iniziativa come quelle di Unicredit, Intesa e Banco Popolare, sia partita. Per questo c’è bisogno di affrontare il problema su più fronti, secondo Jassaud e Kang. Politiche di vigilanza più severe dovrebbero accelerare la cancellazione di crediti. Va inoltre facilitata la liquidazione delle imprese insolventi, usando criteri più rigidi, mentre per quelle con crediti deteriorati ma giudicate in gra do di sopravvivere vanno proposte soluzioni di ristrutturazione.
Sul fronte fiscale, dovrebbero essere rimossi gli ultimi impedimenti, dopo i progressi già realizzati nel 2013, per migliorare gli incentivi agli accantonamenti, rendendo questi e le cancellazioni di credito pienamente deducibili nello stesso esercizio, come viene fatto in altri Paesi europei.
Gli economisti del Fondo sono convinti che la riforma della giustizia, con il miglioramento dell’efficienza, dovrebbe beneficiare anche questo settore; tuttavia, per alleggerire il peso sul sistema giudiziario, andrebbero utilizzate più ampiamente ristrutturazioni del debito stragiudiziali. Andrebbe inoltre promosso l’uso delle conversioni del debito in capitale di rischio. Molto dipende anche dalle banche stesse, che devono utilizzare società per la gestione delle sofferenze (il cui trattamento regolamentare e fiscale va chiarito, secondo il Fondo monetario internazionale) per liberare i bilanci e sfruttare capacità di cui normalmente gli istituti non dispongono, come la gestione degli immobili e il turnaround delle imprese. È di ieri la notizia secondo cui Unicredit avrebbe raggiunto un accordo per la cessione di Uccmb. Ma il Fondo monetario sostiene anche l’uso di veicoli ad hoc per la ristrutturazione delle imprese, che potrebbero essere particolarmente utili nel caso delle piccole e medie imprese italiane che hanno bisogno di espandersi, fondersi o esplorare nuovi rami di attività, magari con il coinvolgimento di investitori esterni che portino know-how, oltre che capitali.
Autore: Alessandro Merli
Fonte:
Il Sole 24 Ore
Nel momento in cui in Italia si discute della possibile creazione di una bad bank, uno studio del Fondo monetario internazionale sollecita una strategia ad ampio raggio, con interventi sul fronte di vigilanza, fiscale e legale, per sviluppare un mercato delle sofferenze delle banche italiane. Ci sono una serie di impedimenti, osservano in un paper che sarà pubblicato oggi (“A strategy for developing a market for non performing loans in Italy”) due economisti dell’Fmi, Nadège Jassaud e Kenneth Kang, che vanno rimossi per liberare le banche del peso delle sofferenze e consentire loro di far ripartire il credito. Lo studio sostiene che facilitare «la ristrutturazione del debito e la conversione in capitale potrebbe anche iniettare significativi capitali nelle imprese e favorire un deleveraging “buono”. Alla fine, un mercato per le sofferenze potrebbe generare un circolo virtuoso, dove il progresso nella pulizia dei bilanci delle banche e nella ristrutturazione dei debitori in sofferenza rafforza la fiducia, migliora la redditività delle banche e libera risorse per sostenere nuovo credito nella fase di ripresa».
II Fondo monetario nota che in Italia le sofferenze sono triplicate dallo scoppio della crisi finanziaria globale nel 2007, ma accantonamenti e svalutazioni non hanno tenuto il passo, con un impatto pesante su redditività delle banche e nuovi prestiti, in contrasto con l’esperienza di altri Paesi che avevano subito un analogo boom delle sofferenze. Il mercato per le sofferenze non ha finora risposto agli effetti della crisi, nota lo studio, nonostante qualche iniziativa come quelle di Unicredit, Intesa e Banco Popolare, sia partita. Per questo c’è bisogno di affrontare il problema su più fronti, secondo Jassaud e Kang. Politiche di vigilanza più severe dovrebbero accelerare la cancellazione di crediti. Va inoltre facilitata la liquidazione delle imprese insolventi, usando criteri più rigidi, mentre per quelle con crediti deteriorati ma giudicate in gra do di sopravvivere vanno proposte soluzioni di ristrutturazione.
Sul fronte fiscale, dovrebbero essere rimossi gli ultimi impedimenti, dopo i progressi già realizzati nel 2013, per migliorare gli incentivi agli accantonamenti, rendendo questi e le cancellazioni di credito pienamente deducibili nello stesso esercizio, come viene fatto in altri Paesi europei.
Gli economisti del Fondo sono convinti che la riforma della giustizia, con il miglioramento dell’efficienza, dovrebbe beneficiare anche questo settore; tuttavia, per alleggerire il peso sul sistema giudiziario, andrebbero utilizzate più ampiamente ristrutturazioni del debito stragiudiziali. Andrebbe inoltre promosso l’uso delle conversioni del debito in capitale di rischio. Molto dipende anche dalle banche stesse, che devono utilizzare società per la gestione delle sofferenze (il cui trattamento regolamentare e fiscale va chiarito, secondo il Fondo monetario internazionale) per liberare i bilanci e sfruttare capacità di cui normalmente gli istituti non dispongono, come la gestione degli immobili e il turnaround delle imprese. È di ieri la notizia secondo cui Unicredit avrebbe raggiunto un accordo per la cessione di Uccmb. Ma il Fondo monetario sostiene anche l’uso di veicoli ad hoc per la ristrutturazione delle imprese, che potrebbero essere particolarmente utili nel caso delle piccole e medie imprese italiane che hanno bisogno di espandersi, fondersi o esplorare nuovi rami di attività, magari con il coinvolgimento di investitori esterni che portino know-how, oltre che capitali.
Autore: Alessandro Merli
Fonte:
Il Sole 24 Ore