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Usa, boom di morosi nei prestiti universitari. E ora la «bolla» rischia di contagiare il mattone

Prestiti, bolla, contagio. È la sequenza che fa scricchiolare sempre di più il sistema degli “student loans”, i prestiti contratti dagli studenti Usa per coprire le rette universitarie negli anni del college. Il debito complessivo degli universitari statunitensi ha sfondato da tempo il tetto dei 1000 miliardi di dollari, fino a una cifra monstre indicata oggi dagli osservatori a più di 1,2 trilioni di dollari.


Ma a far parlare di sé, adesso, è quello che viene dopo: l’effetto domino su spese e consumi, dall’acquisto della prima casa in là. Secondo i dati di Project on Student Debt, la zavorra media dei laureati Usa ha sfiorato i 30mila dollari nel 2013. E più cresce il tasso di insolvenza, più si restringono gli investimenti dei “millenials” laureati nel sistema accademico più oneroso al mondo.
I debiti per ragioni di studio contratti negli Usa sono gli unici che hanno visto salire, anziché scendere, il proprio tasso di insolvenza nel 2014. La Federal Reserve Bank di New York parla di una quota di morosità dell’11,1% nel terzo trimestre 2014, in controtendenza rispetto ai “robusti cali” che si sono registrati in tutti gli altri settori. Più di uno studente americano su 10 è in ritardo di almeno 90 giorni nel pagamento del proprio debito: quasi il triplo di una media generale del 4,3% con i mutui ipotecari fermi al 3,2% e quelli per l’automobile a 3,1%.


I numeri fanno già effetto, ma la Fed sostiene che potrebbero “sottostimare” il fenomeno. Se il totale dei prestiti è calato di 661 miliardi di dollari dal 2007 al 2014, gli “student loans” non hanno fatto altro che crescere: su di 578,5 miliardi di dollari nello stesso periodo, fino alla soglia attuale di 1,2 trilioni. Una montagna cresciuta a un tasso annuo del 14%, e seconda per volumi solo agli 8,2 trilioni dei mutui ipotecar
E il contagio? A darne un assaggio, per ora, è soprattutto l’immobiliare. La fetta di first-time buyer, gli acquirenti della prima casa, è scivolata da una percentuale storica del 40-45% al 29% registrato nell’aprile nell’anno scorso. A quanto evidenziano i dati dello US Census Bureau, la percentuale di proprietari di casa under 35 è calata al 36,2% nei primi mesi del 2014 dopo aver toccato punte del 43% nel 2005.


La spirale potrebbe ora riprodursi altrove, vista la mole e le complicazioni del debito. Anche perché, a differenze di altri casi, gli student loan vengono di rado risolti con un “discharge in bankruptcy”: la procedura del Bankruptcy Code statunitense (equivalente alla nostra legge fallimentare) che svincola il debitore dalla responsabilità diretta su alcuni tipi di debito.
L’amministrazione Obama ha tentato di fissare alcuni paletti, come un ordine esecutivo che permetterà a cinque milioni di debitori di stabilire ai pagamenti mensili il tetto massimo del 10% del proprio reddito. La misura entrerà in vigore solo a dicembre 2015, tra i fuochi incrociati di Democratici e Repubblicani sulla migliore strategia di risoluzione. Un’argomentazione bipartisan è che il probleme andrebbe rivisto alla radice, informando gli studenti prima della contrazione del debito.
L’Università dell’Indiana ha seguito l’esempio e inviato ai propri studenti una lettera istituzionale sulle cifra che avrebbero cumulato a fine anno. La reazione dice qualcosa: i mutui sono crollati di 31 milioni (-11%) di dollari nel giro di un anno accademico.

 


Autore: Alberto Magnani
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Il sole 24 ore

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