La Corte dappello di Torino, con una sentenza del 26 luglio 2014, ha ribaltato una pronuncia del tribunale di Torino che aveva messo in ginocchio un condominio che cercava di recuperare i suoi crediti.
Il caso: un condomino, divenuto proprietario di un alloggio a seguito di assegnazione da parte del giudice dellesecuzione immobiliare, si rivolgeva al tribunale di Torino chiedendo dichiararsi la nullità o annullabilità delle delibere condominiali con le quali gli era stato imposto di pagare tutto il residuo debito (oltre ventimila euro) per spese condominiali, risultante ancora scoperto al momento del passaggio di proprietà.
In particolare, il neo condòmino sosteneva linvalidità della norma del regolamento condominiale che era stata recepita nella delibera impugnata e che poneva a carico «del nuovo proprietario il pagamento di tutti i debiti per contributi condominiali maturati dal precedente condomino».
Il tribunale aveva accolto limpugnazione dichiarando la nullità della delibera: questo come conseguenza della nullità della clausola del regolamento in quanto «modifica, amplia ed aggrava la responsabilità del nuovo condomino oltre il limite del biennio e oltre il vincolo di solidarietà con lex condomino come previsto dallarticolo 63 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile, e questo in palese violazione della norma imperativa dellarticolo 72 delle stesse Disposizioni, che impone ai privati di non modificare larticolo 63».
Secondo il tribunale torinese, in sostanza, un regolamento di condominio (anche contrattuale) non può prevedere che il condomino subentrante si debba accollare il debito del condominio suo dante causa in misura maggiore del biennio (anno in corso ed anno precedente) previsto per legge.
Perciò il condominio proponeva appello, sostenendo linvalidità della sentenza impugnata in quanto il disposto dellarticolo 63 sarebbe inderogabile solo per quanto riguarda il termine di due anni , mentre il regolamento contrattuale del condominio potrebbe lecitamente prevedere di ampliare il termine, a tutela del condominio, prevedendo che il condomino subentrante debba farsi carico dellintero debito relativo a spese condominiali lasciatogli in eredità dal condomino uscente.
La Corte dappello di Torino accoglieva così il reclamo sostenendo che «alcuna disposizione contrattuale o regolamentare può esonerare il condòmino avente causa dallobbligo del limite minimo dei contributi omessi per lanno in corso e quello precedente», ma precisando tuttavia che «è riconducibile allautonomia del regolamento condominiale di natura contrattuale di disporre a carico dellacquirente condomino laccollo di debiti maturati dal condominio dante causa in esercizi precedenti».
Per la Corte, il principio della derogabilità, a sfavore del condòmino acquirente, del termine di due anni, è ammissibile in quanto «rientra tra gli oneri di ordinaria diligenza del compratore verificare presso lamministrazione condominiale quale sia la precisa situazione debitoria del proprio dante causa».
Nel caso di specie, inoltre, osserva la Corte, si trattava di un immobile acquistato allasta in quanto sottoposto ad esecuzione, con la logica conseguenza che lacquirente per evitare brutte sorprese, si sarebbe anche potuto limitare a prestare attenzione al fatto che lesecutante era proprio lo stesso condominio che aveva agito proprio in seguito al mancato pagamento delle spese condominiali da parte del condomino poi esecutato.
Fonte:
Il Sole 24 Ore
La Corte dappello di Torino, con una sentenza del 26 luglio 2014, ha ribaltato una pronuncia del tribunale di Torino che aveva messo in ginocchio un condominio che cercava di recuperare i suoi crediti.
Il caso: un condomino, divenuto proprietario di un alloggio a seguito di assegnazione da parte del giudice dellesecuzione immobiliare, si rivolgeva al tribunale di Torino chiedendo dichiararsi la nullità o annullabilità delle delibere condominiali con le quali gli era stato imposto di pagare tutto il residuo debito (oltre ventimila euro) per spese condominiali, risultante ancora scoperto al momento del passaggio di proprietà.
In particolare, il neo condòmino sosteneva linvalidità della norma del regolamento condominiale che era stata recepita nella delibera impugnata e che poneva a carico «del nuovo proprietario il pagamento di tutti i debiti per contributi condominiali maturati dal precedente condomino».
Il tribunale aveva accolto limpugnazione dichiarando la nullità della delibera: questo come conseguenza della nullità della clausola del regolamento in quanto «modifica, amplia ed aggrava la responsabilità del nuovo condomino oltre il limite del biennio e oltre il vincolo di solidarietà con lex condomino come previsto dallarticolo 63 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile, e questo in palese violazione della norma imperativa dellarticolo 72 delle stesse Disposizioni, che impone ai privati di non modificare larticolo 63».
Secondo il tribunale torinese, in sostanza, un regolamento di condominio (anche contrattuale) non può prevedere che il condomino subentrante si debba accollare il debito del condominio suo dante causa in misura maggiore del biennio (anno in corso ed anno precedente) previsto per legge.
Perciò il condominio proponeva appello, sostenendo linvalidità della sentenza impugnata in quanto il disposto dellarticolo 63 sarebbe inderogabile solo per quanto riguarda il termine di due anni , mentre il regolamento contrattuale del condominio potrebbe lecitamente prevedere di ampliare il termine, a tutela del condominio, prevedendo che il condomino subentrante debba farsi carico dellintero debito relativo a spese condominiali lasciatogli in eredità dal condomino uscente.
La Corte dappello di Torino accoglieva così il reclamo sostenendo che «alcuna disposizione contrattuale o regolamentare può esonerare il condòmino avente causa dallobbligo del limite minimo dei contributi omessi per lanno in corso e quello precedente», ma precisando tuttavia che «è riconducibile allautonomia del regolamento condominiale di natura contrattuale di disporre a carico dellacquirente condomino laccollo di debiti maturati dal condominio dante causa in esercizi precedenti».
Per la Corte, il principio della derogabilità, a sfavore del condòmino acquirente, del termine di due anni, è ammissibile in quanto «rientra tra gli oneri di ordinaria diligenza del compratore verificare presso lamministrazione condominiale quale sia la precisa situazione debitoria del proprio dante causa».
Nel caso di specie, inoltre, osserva la Corte, si trattava di un immobile acquistato allasta in quanto sottoposto ad esecuzione, con la logica conseguenza che lacquirente per evitare brutte sorprese, si sarebbe anche potuto limitare a prestare attenzione al fatto che lesecutante era proprio lo stesso condominio che aveva agito proprio in seguito al mancato pagamento delle spese condominiali da parte del condomino poi esecutato.
Fonte:
Il Sole 24 Ore