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Effetto rating Italia: S&P taglia anche le banche

La dura legge del rating colpisce le banche italiane. A due settimane dal declassamento del Paese, ieri  Standard&Poor’s ha abbassato il giudizio su buona parte degli istituti di credito, a partire da Unicredit, Intesa Sanpaolo e Mediobanca, che scivolano da BBB a BBB- (con outlook che da negativo migliora a stabile) esattamente come era accaduto due settimane fa per l’Italia.

Più del giudizio in sé, però, contano le motivazioni che l’hanno ispirato. Cioè la sensazione che le prospettive economiche del Paese nel corso dei prossimi anni dovrebbero essere più deboli di quanto previsto;  per le banche, strettamente a contatto a contatto con l’economia reale, ci saranno contraccolpi sulla qualità degli attivi ( in particolare del credito, con la necessità di maggiori accantonamenti) e, a ruota, anche in termini di profittabilità.

Tirando le somme, Standard & Poor’s ha abbassato il rating dell’intero sistema bancario italiano, che è passato da quota 5 a 6 su una scala che va da uno a dieci.

Le azioni sui rating, ricorda l’agenzia, non sono state prese però in maniera uniforme o in virtù di un automatismo, pertanto il taglio non ha colpito tutte le banche nella stessa maniera perché prende in considerazione  le singole situazioni specifiche delle banche. Così si spiega, ad esempio, come nel caso di Intesa e Mediobanca il rating individuale (il Sacp, stand-alone credit profile) sia rimasto invariato a tripla B, e quindi risulti al momento superiore al rating finale: le due banche, infatti, risultano esposte  per il 75% sull’Italia, che così spinge in basso il giudizio complessivo.

Nel caso di Ubi, invece , S&P ha deciso di lasciare invariato il rating a BBB-e l’outlook che resta negativo: anche il giudizio della Banca Popolare di Milano resto B+, mentre per la Popolare dell’Emilia Romagna viene ridotto a BB-.

Il Credem viene confermato BBB- ma l’outlook viene ritoccato in positivo, passando da negativo a stabile.


Fonte:

Il Sole 24 Ore

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