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Ghizzoni (Unicredit), cessione Uccmb non entro l’anno

Unicredit conta di chiudere positivamente la cessione di Uccmb, ma forse non entro l’anno. L’ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, ha ribadito la fiducia per le trattative in corso con la cordata Fortress-Prelios per la vendita della banca che gestisce i crediti problematici del gruppo, ma non è sicuro che l’operazione possa essere conclusa entro la fine dell’anno.

“Confermo che stiamo continuando a discutere, con progressi ogni giorno, e quindi sono fiducioso. Ormai siamo alle discussioni dei dettagli, che pure sono sempre importanti. Non so se entro l’anno o meno, ma credo che la vendita si concluda positivamente”, ha affermato. Le ultime indiscrezioni indicano un incasso dalla vendita di circa 560 milioni di euro con un effetto positivo di 15 punti base sul Core Tier 1 di Unicredit.

Ghizzoni si è poi mostrato scettico in merito alla possibilità che la Bce avvii il quantitative easing nella prossima riunione in programma giovedì e più in generale non si attende decisioni importanti prima della fine dell’anno. Commentando anche la stima preliminare del pil italiano del terzo trimestre, negativa dello 0,1% e in ribasso per il tredicesimo trimestre consecutivo, “era un dato atteso e quantomeno non rappresenta una sorpresa. Per il prossimo anno noi pensiamo che ci sarà una piccola ripresa, intorno allo 0,5%”, ha detto il top manager.

Il banchiere ha infatti osservato che qualche presupposto di ripresa c’è: bassi tassi di interesse, prezzo dell’energia che sta scendendo, euro più debole rispetto al dollaro e alcune riforme in arrivo, come quella sul lavoro e la legge di stabilità. Detto questo, il piano Juncker è “assolutamente indispensabile” poiché attraverso un effetto leva ha l’obiettivo di sbloccare oltre 300 miliardi di euro di risorse da destinare a investimenti infrastrutturali.

“Si può discutere se 300 miliardi siano pochi o tanti, ma non certo il piano in sé”, ha commentato Ghizzoni, auspicando che le risorse reperite per gli investimenti non si focalizzino solo su infrastrutture classiche, ma anche sulla banda larga e su tutte le attività tecnologiche sulle quali l’Europa ha un gap molto forte rispetto ad altri Paesi e, in particolare, nei confronti degli Stati Uniti. Dopo le parole dell’ad a Piazza Affari il titolo Unicredit sale dell’1,12% a 5,87 euro.

Gli analisti di JP Morgan hanno confermato il giudizio overweight sul titolo e il prezzo obiettivo a 7,90 euro, stimando un calo repentino del costo del rischio nel 2016, alla luce della stabilizzazione dei crediti deteriorati e del tasso di copertura del gruppo. In particolare, il costo del rischio dovrebbe scendere dai 125 punti base pagati lo scorso anno sui crediti netti a 88 punti base quest’anno, a 86 punti il prossimo e a 76 punti base nel 2016.

Tale stima, già conservativa, tiene conto di un ulteriore peggioramento del panorama italiano e di un rafforzamento dei livelli di copertura, lasciando spazio per una revisione positiva del consenso di mercato sugli accantonamenti pari a 4,3 miliardi di euro, rispetto ai 4 miliardi attesi da JP Morgan nel 2015, giudicato “troppo pessimistico”. Per il broker esiste anche un potenziale di rialzo dell’utile per azione 2015 del 5%, stimando un eps di 0,58 euro, che dovrebbe salire a 0,70 euro nel 2016, dagli 0,45 euro attesi quest’anno e contro la perdita di 0,06 euro per azione dell’esercizio scorso.

Nel complesso, la casa d’affari si aspetta una crescita dell’utile di Unicredit di oltre il 20% nel prossimo biennio a 3,433 miliardi e a 4,196 miliardi, rispettivamente (2,657 miliardi a fine anno), sostenuta dal miglioramento del costo del rischio e dal riprezzamento del costo della raccolta che permetteranno di compensare la pressione sui margini derivante dai più bassi tassi di interesse e dai minori volumi degli impieghi. Il livello delle sofferenze lorde, poi, si è già stabilizzato nel corso dell’anno con una diminuzione del 24% dei crediti deteriorati nei primi nove mesi.

Pertanto, le sofferenze dovrebbero rimanere stabili fino alla fine del 2016 al 16% circa, mentre non sono attese ulteriori cessioni oltre ai 2,5 miliardi dei primi 9 mesi e ai 4 miliardi previsti nel quarto trimestre dell’anno, a fronte dei 16-17 miliardi dell’obiettivo a fine 2016. A quella data, il tasso di copertura dovrebbe salire al 52% dal 51% di fine settembre, sopra il target minimo di Unicredit del 50% e ben oltre la media italiana ferma al 43%, lasciando un certo margine di Smanovra.

Infine, JP Morgan ha osservato che da inizio anno le azioni hanno sovraperformato il settore del 6%, ma il rapporto rischio/rendimento resta attraente con un multiplo prezzo/utile 2016 di 8,2 volte e un net asset value di 0,7 volte, contro il prezzo/utile di Intesa Sanpaolo pari a 10,9 volte e alle 10 volte del settore.


Autore: Serena Berici
Fonte:

Milano Finanza

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