Ancora dieci giorni e poi tutte le Pubbliche amministrazioni dovrebbero aver risposto alle oltre 20mila imprese che hanno richiesto la certificazione dei loro crediti commerciali. Doveroso usare il condizionale, visti i numerosi casi di ritardo segnalati dalle imprese.
Secondo l’ultimo censimento del ministero dell’Economia, aggiornato al 17 novembre, quasi metà delle istanze di certificazione, in termini di importo, riguarda gli enti locali (Province e Comuni) per oltre 4,6 miliardi su 9,3 miliardi totali: 50.107 domande presentate su 86.751 totali. Ammonta invece a 1,7 miliardi l’importo delle istanze relative agli enti del servizio sanitario e a 1,4 miliardi quello di Regioni e Province autonome per debiti diversi dalla sanità. Il restante va riferito ad amministrazioni statali ed enti pubblici vari.
Le certificazioni in questione sono determinanti affinché le imprese possano richiedere alle banche la cessione del loro credito in modalità pro soluto (il cedente non deve rispondere dell’eventuale inadempienza del debitore) con il supporto della garanzia statale. Il decreto 66/2014 che ha introdotto questa possibilità aveva fissato come termine per le domande, da caricare sulla piattaforma telematica del ministero dell’Economia, il 31 ottobre. Ogni amministrazione è tenuta a pronunciarsi entro 30 giorni, quindi le ultime risposte teoricamente dovrebbero giungere al massimo entro la fine di novembre.
Il bilancio però non è ancora soddisfacente. Nel suo ultimo monitoraggio, il ministero dell’Economia ha elencato le amministrazioni per le quali, in base ai dati aggiornati sulla piattaforma elettronica, risultano pendenti istanze di certificazione oltre il termine prefissato di 30 giorni. Sono ben 4.522 i debitori che hanno sforato i tempi per un totale di 14.801 domande con un controvalore di oltre 1,3 miliardi. C’è un po’ di tutto nella lista degli inadempienti: ministeri, Regioni, Province, Comuni, aziende ospedaliere, comunità montane, università, scuole, anche sedi dell’Agenzia delle Entrate, reparti della Guardia di Finanza.
Quanto alle domande, c’è stata un’accelerazione nelle settimane finali arrivando in totale a 86.751 istanze presentate da 20.356 aziende ma le Pa zelanti sono solo una minoranza. Si può stimare che, su un importo totale di 9 miliardi, si è ancora al di sotto di 4 miliardi di crediti per i quali è stata rilasciata certificazione. E non basta. Perché un’ulteriore distinzione va fatta prendendo in esame, tra quelli certificati, i crediti che hanno tutti i requisiti per essere oggetto di cessione alle banche con garanzia statale: devono riferirsi solo a spese correnti (e non in conto capitale) e devono essere stati maturati al 31 dicembre 2013. Il conto, applicando questi criteri, si ferma intorno ai 2 miliardi .
La tempestività delle risposte e del rilascio delle certificazioni, dove non ci siano valide ragioni per il diniego, assume un’importanza crescente anche in considerazione di altre modalità di rimborso dei crediti. Come noto, la cessione alle banche con garanzia dello Stato (con tasso di sconto calmierato) è solo una delle opzioni possibili. Resta la via maestra della liquidazione diretta e totale da parte delle Pa (ma con tempi ancora più incerti), che al momento fa registrare pagamenti per 32,5 miliardi su 56,3 miliardi stanziati. Oltretutto devono essere dotati di certificazione anche i crediti che le imprese puntano a compensare con i debiti fiscali. Una condizione che dovrà essere rispettata anche da parte di chi usufruirà della proroga destinata a entrare nella legge di stabilità. Si estende a tutto il 2015 la possibilità di compensare somme iscritte a ruolo con crediti commerciali vantati nei confronti della Pa. L’operazione è possibile a patto che i crediti siano certificati e la somma della cartella esattoriale sia inferiore o pari al credito vantato.
Autore: Carmine Fotina
Fonte:
Il Sole 24 Ore
Ancora dieci giorni e poi tutte le Pubbliche amministrazioni dovrebbero aver risposto alle oltre 20mila imprese che hanno richiesto la certificazione dei loro crediti commerciali. Doveroso usare il condizionale, visti i numerosi casi di ritardo segnalati dalle imprese.
Secondo l’ultimo censimento del ministero dell’Economia, aggiornato al 17 novembre, quasi metà delle istanze di certificazione, in termini di importo, riguarda gli enti locali (Province e Comuni) per oltre 4,6 miliardi su 9,3 miliardi totali: 50.107 domande presentate su 86.751 totali. Ammonta invece a 1,7 miliardi l’importo delle istanze relative agli enti del servizio sanitario e a 1,4 miliardi quello di Regioni e Province autonome per debiti diversi dalla sanità. Il restante va riferito ad amministrazioni statali ed enti pubblici vari.
Le certificazioni in questione sono determinanti affinché le imprese possano richiedere alle banche la cessione del loro credito in modalità pro soluto (il cedente non deve rispondere dell’eventuale inadempienza del debitore) con il supporto della garanzia statale. Il decreto 66/2014 che ha introdotto questa possibilità aveva fissato come termine per le domande, da caricare sulla piattaforma telematica del ministero dell’Economia, il 31 ottobre. Ogni amministrazione è tenuta a pronunciarsi entro 30 giorni, quindi le ultime risposte teoricamente dovrebbero giungere al massimo entro la fine di novembre.
Il bilancio però non è ancora soddisfacente. Nel suo ultimo monitoraggio, il ministero dell’Economia ha elencato le amministrazioni per le quali, in base ai dati aggiornati sulla piattaforma elettronica, risultano pendenti istanze di certificazione oltre il termine prefissato di 30 giorni. Sono ben 4.522 i debitori che hanno sforato i tempi per un totale di 14.801 domande con un controvalore di oltre 1,3 miliardi. C’è un po’ di tutto nella lista degli inadempienti: ministeri, Regioni, Province, Comuni, aziende ospedaliere, comunità montane, università, scuole, anche sedi dell’Agenzia delle Entrate, reparti della Guardia di Finanza.
Quanto alle domande, c’è stata un’accelerazione nelle settimane finali arrivando in totale a 86.751 istanze presentate da 20.356 aziende ma le Pa zelanti sono solo una minoranza. Si può stimare che, su un importo totale di 9 miliardi, si è ancora al di sotto di 4 miliardi di crediti per i quali è stata rilasciata certificazione. E non basta. Perché un’ulteriore distinzione va fatta prendendo in esame, tra quelli certificati, i crediti che hanno tutti i requisiti per essere oggetto di cessione alle banche con garanzia statale: devono riferirsi solo a spese correnti (e non in conto capitale) e devono essere stati maturati al 31 dicembre 2013. Il conto, applicando questi criteri, si ferma intorno ai 2 miliardi .
La tempestività delle risposte e del rilascio delle certificazioni, dove non ci siano valide ragioni per il diniego, assume un’importanza crescente anche in considerazione di altre modalità di rimborso dei crediti. Come noto, la cessione alle banche con garanzia dello Stato (con tasso di sconto calmierato) è solo una delle opzioni possibili. Resta la via maestra della liquidazione diretta e totale da parte delle Pa (ma con tempi ancora più incerti), che al momento fa registrare pagamenti per 32,5 miliardi su 56,3 miliardi stanziati. Oltretutto devono essere dotati di certificazione anche i crediti che le imprese puntano a compensare con i debiti fiscali. Una condizione che dovrà essere rispettata anche da parte di chi usufruirà della proroga destinata a entrare nella legge di stabilità. Si estende a tutto il 2015 la possibilità di compensare somme iscritte a ruolo con crediti commerciali vantati nei confronti della Pa. L’operazione è possibile a patto che i crediti siano certificati e la somma della cartella esattoriale sia inferiore o pari al credito vantato.
Autore: Carmine Fotina
Fonte:
Il Sole 24 Ore