Stop ai pignoramenti dell’abitazione principale, anche se iniziati prima del 21 agosto 2013, data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge 69/2013 (decreto «del fare»). L’ordine arriva dalla Corte di cassazione, con la sentenza 19270/2014, che ha dato ragione in sostanza all’interpretazione originaria di Equitalia, favorevole all’applicazione retroattiva delle nuove regole sui pignoramenti, e ha invece disatteso la posizione espressa in risposta all’interrogazione parlamentare del 7 maggio scorso. Di conseguenza, i pignoramenti già apposti devono essere cancellati, se la vendita dell’immobile non è ancora avvenuta.
Il decreto legge 69/2013 ha posto delle condizioni restrittive per poter procedere ai pignoramenti immobiliari. Si è pertanto stabilito che l’abitazione di residenza anagrafica del debitore, se a destinazione catastale abitativa e immobile non di lusso, e se si tratta dell’unico immobile posseduto, non può essere pignorata. Si è inoltre precisato che il possesso di eventuali pertinenze dell’abitazione principale non comporta il venir meno delle condizioni di impignorabilità.
Inoltre, le regole generali in materia di pignoramento immobiliare, dopo le modifiche del decreto «del fare», richiedono che: il credito a ruolo sia almeno pari a 120mila euro; siano decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione di ipoteca.
Nulla è cambiato invece in materia di ipoteca. Ne deriva che tutti gli immobili, compresa l’abitazione principale, sono ipotecabili a condizione che l’importo a ruolo sia almeno pari a 20mila euro.
Con la direttiva del 1° luglio 2013 Equitalia aveva proposto l’interpretazione secondo cui le nuove regole dell’espropriazione dovessero trovare applicazione anche per i pignoramenti già disposti. In quest’ottica la società pubblica di riscossione aveva invitato le società del gruppo a sospendere le azioni esecutive, in particolare le vendite all’incanto degli immobili, in attesa di futuri chiarimenti.
Un improvviso ripensamento è intervenuto con la risposta delle Finanze del 7 maggio scorso a un’interrogazione parlamentare. In quell’occasione è stato infatti precisato che, non essendo la novella in esame retroattiva, la stessa avrebbe dovuto operare solo a partire dal 22 giugno 2013, e non anche dai pignoramenti antecedenti. Per questo motivo, si dava quindi notizia della ripresa delle attività esecutive, temporaneamente sospese dopo la nota del luglio 2013.
Con la sentenza 19270, la Suprema Corte ha nella sostanza validato la prima interpretazione di Equitalia. È stato infatti osservato come si sarebbe di fronte a una norma di carattere procedurale, volta non già a porre un divieto assoluto di pignorabilità dell’abitazione principale, ma a stabilire delle condizioni che regolano l’azione esecutiva dell’agente della riscossione. Rafforza tale conclusione la circostanza che la novella non impedisce a Equitalia di intervenire nelle procedure di esproprio avviate da altri creditori.
In considerazione di ciò, la modifica del decreto «del fare» incide anche sui procedimenti in corso al 21 agosto 2013, non ancora conclusi. In sostanza questo significa che, in presenza di un pignoramento già avviato, allo stesso non deve essere dato seguito. Pertanto, il vincolo di indisponibilità dell’immobile deve essere cancellato su ordine del giudice o su iniziativa dell’agente della riscossione. Va peraltro segnalato come, nella controversia decisa dalla Corte, la società di Equitalia avesse già provveduto spontaneamente a cancellare il pignoramento, chiedendo la cessazione della materia del contendere.
Sarebbe a questo punto di grande interesse stabilire se le medesime conclusioni possano essere estese all’intera disciplina dei pignoramenti immobiliari. Se così fosse, come pure segnalato sempre nella nota di Equitalia del luglio dell’anno scorso, allora dovrebbero ugualmente sospendersi tutte le procedure, aventi ad oggetto casi diversi dall’abitazione principale, nelle quali il credito a ruolo non superi 120mila euro e/o non vi sia stato il consolidamento dell’ipoteca per almeno sei mesi. Milita in favore della risposta positiva il fatto che, anche per tali fattispecie, resta salva la facoltà di Equitalia di intervenire in procedure promosse da terzi.
Fonte:
Il Sole 24 Ore
Stop ai pignoramenti dell’abitazione principale, anche se iniziati prima del 21 agosto 2013, data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge 69/2013 (decreto «del fare»). L’ordine arriva dalla Corte di cassazione, con la sentenza 19270/2014, che ha dato ragione in sostanza all’interpretazione originaria di Equitalia, favorevole all’applicazione retroattiva delle nuove regole sui pignoramenti, e ha invece disatteso la posizione espressa in risposta all’interrogazione parlamentare del 7 maggio scorso. Di conseguenza, i pignoramenti già apposti devono essere cancellati, se la vendita dell’immobile non è ancora avvenuta.
Il decreto legge 69/2013 ha posto delle condizioni restrittive per poter procedere ai pignoramenti immobiliari. Si è pertanto stabilito che l’abitazione di residenza anagrafica del debitore, se a destinazione catastale abitativa e immobile non di lusso, e se si tratta dell’unico immobile posseduto, non può essere pignorata. Si è inoltre precisato che il possesso di eventuali pertinenze dell’abitazione principale non comporta il venir meno delle condizioni di impignorabilità.
Inoltre, le regole generali in materia di pignoramento immobiliare, dopo le modifiche del decreto «del fare», richiedono che: il credito a ruolo sia almeno pari a 120mila euro; siano decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione di ipoteca.
Nulla è cambiato invece in materia di ipoteca. Ne deriva che tutti gli immobili, compresa l’abitazione principale, sono ipotecabili a condizione che l’importo a ruolo sia almeno pari a 20mila euro.
Con la direttiva del 1° luglio 2013 Equitalia aveva proposto l’interpretazione secondo cui le nuove regole dell’espropriazione dovessero trovare applicazione anche per i pignoramenti già disposti. In quest’ottica la società pubblica di riscossione aveva invitato le società del gruppo a sospendere le azioni esecutive, in particolare le vendite all’incanto degli immobili, in attesa di futuri chiarimenti.
Un improvviso ripensamento è intervenuto con la risposta delle Finanze del 7 maggio scorso a un’interrogazione parlamentare. In quell’occasione è stato infatti precisato che, non essendo la novella in esame retroattiva, la stessa avrebbe dovuto operare solo a partire dal 22 giugno 2013, e non anche dai pignoramenti antecedenti. Per questo motivo, si dava quindi notizia della ripresa delle attività esecutive, temporaneamente sospese dopo la nota del luglio 2013.
Con la sentenza 19270, la Suprema Corte ha nella sostanza validato la prima interpretazione di Equitalia. È stato infatti osservato come si sarebbe di fronte a una norma di carattere procedurale, volta non già a porre un divieto assoluto di pignorabilità dell’abitazione principale, ma a stabilire delle condizioni che regolano l’azione esecutiva dell’agente della riscossione. Rafforza tale conclusione la circostanza che la novella non impedisce a Equitalia di intervenire nelle procedure di esproprio avviate da altri creditori.
In considerazione di ciò, la modifica del decreto «del fare» incide anche sui procedimenti in corso al 21 agosto 2013, non ancora conclusi. In sostanza questo significa che, in presenza di un pignoramento già avviato, allo stesso non deve essere dato seguito. Pertanto, il vincolo di indisponibilità dell’immobile deve essere cancellato su ordine del giudice o su iniziativa dell’agente della riscossione. Va peraltro segnalato come, nella controversia decisa dalla Corte, la società di Equitalia avesse già provveduto spontaneamente a cancellare il pignoramento, chiedendo la cessazione della materia del contendere.
Sarebbe a questo punto di grande interesse stabilire se le medesime conclusioni possano essere estese all’intera disciplina dei pignoramenti immobiliari. Se così fosse, come pure segnalato sempre nella nota di Equitalia del luglio dell’anno scorso, allora dovrebbero ugualmente sospendersi tutte le procedure, aventi ad oggetto casi diversi dall’abitazione principale, nelle quali il credito a ruolo non superi 120mila euro e/o non vi sia stato il consolidamento dell’ipoteca per almeno sei mesi. Milita in favore della risposta positiva il fatto che, anche per tali fattispecie, resta salva la facoltà di Equitalia di intervenire in procedure promosse da terzi.
Fonte:
Il Sole 24 Ore