Il (nuovo) rubinetto della Bce si aprirà tra poco meno di un mese, il 18 settembre. Ma i conti ormai sono fatti, e le prime dieci banche italiane, secondo quanto ricostruito da Il Sole 24 Ore, hanno già deciso di chiedere all’Eurotower oltre 50 miliardi.
Sì, perché se è vero che per il nuovo “bazooka” di Mario Draghi, la serie di otto Tltro (Targeted long-term refinancing operations), il potenziale complessivo per le banche italiane compresa la Cassa depositi e prestiti è di 75 miliardi, a fare la parte del leone, come naturale, saranno le grandi banche.
I board dei primi dieci istituti di credito, infatti, hanno già deliberato di chiedere a Francoforte 51,8 miliardi. Più della metà sarà “tirato” da Intesa Sanpaolo (17 miliardi) e UniCredit (fino a 15 miliardi, di cui la metà sarà destinata all’Italia), ma anche per gli altri gruppi le due Tltro saranno un’occasione per portare a casa risorse fresche a prezzi da saldo, considerato che il tasso (fisso) è dello 0,25% e la scadenza quadriennale. Risorse che, però, andranno trasformate in nuovi impieghi per le imprese, pena la restituzione anticipata alla Banca centrale europea.
Il rush finale
Come annunciato da Mario Draghi a inizio giugno, la prima assegnazione avverrà a settembre, mentre la seconda si terrà l’11 dicembre. In totale nel 2014 la Bce punta a distribuire circa 400 miliardi, ma visto che l’ambizione è quella di innescare un circolo virtuoso, di qui al 2017 per le banche potrebbero arrivare fino a mille miliardi.
Intanto, si lavora alle prime due tornate. E per le tesorerie delle banche non è una passeggiata: dopo l’annuncio di inizio giugno, i dettagli dell’operazione sono arrivati solo nel mese di luglio, mentre i documenti di Banca d’Italia (necessari per individuare gli impieghi che possono essere utilizzati dagli istituti per richiedere i fondi Bce) sono dei primi di agosto. Per questo, si corre. Dopo aver depositato l’8 agosto le domande di partecipazione (le banche possono presentarsi da sole o in gruppo), entro giovedì prossimo andrà consegnata a Francoforte la documentazione relativa ai prestiti attualmente in essere: ogni banca, infatti, può richiedere fino al 7% dello stock di impieghi (tranne i mutui immobiliari, per prevenire nuove bolle del settore) registrati al 30 aprile scorso. Il lavoro non è semplice, la Vigilanza ha messo a disposizione anche un help desk, ma è fondamentale per approdare alla scadenza successiva, fissata all’11 settembre, quando ogni banca riceverà conferma del limite massimo che potrà essere ottenuto: a quel punto, ci sarà una settimana per formulare la propria richiesta, mentre l’assegnazione dei fondi è prevista per il 18 settembre.
Lo stesso percorso si seguirà a partire dalla fine di novembre per la seconda Tltro. Ed è probabile che molte banche preferiscano aspettare la seconda asta: come nel caso di Ubi, che per chiedere i suoi 3 miliardi attenderà fino a dicembre. «Per ora non ci servono altre risorse», ha spiegato due settimane fa il consigliere delegato Victor Massiah a Il Sole, ricordando che il gruppo al momento è ancora in possesso di 12 miliardi di Ltro e che comunque «il problema resta la domanda di credito sano, che per ora resta limitata».
Il ritiro per chi non presta
Entro la fine dell’anno, comunque, i 75 miliardi di liquidità saranno arrivati a destinazione. E le banche dovranno sbrigarsi a utilizzarli, prestandoli a imprese e famiglie: Morgan Stanley ritiene che grazie al costo ridotto della raccolta il credito per le Pmi in Italia potrebbe scendere di 20-40 punti base, e in molti si attendono con l’autunno il lancio di nuove campagne particolarmente aggressive da parte di tutti, dalla Bcc ai grandi gruppi. Anche perché, chi non presta non solo non potrà partecipare alle nuove Tltro, ma a partire dal settembre 2016 dovrà restituire quanto ricevuto alla Bce.
Merito di quella «T» che la Bce ha inserito davanti al già noto acronimo «Ltro», e che sta per «targeted». È u una lettera che dà il senso dell’operazione, perché questa volta le banche non potranno usare i soldi presi a tasso agevolato per comprare titoli di Stato ma dovranno u farli convergere su un bersaglio preciso, che è l’economia reale. Un circolo virtuoso, come si diceva, che se funzionerà metterà a disposizione delle banche italiane qualcosa come «200 miliardi di euro lungo l’intero orizzonte del programma», come ha ricordato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, poco più di un mese fa nel corso del suo intervento all’assemblea dell’Abi.
Verso la fine delle Ltro
Per una misura che si apre, un’altra che si chiude. L’avvio delle T l utro, infatti, coincide con la fine delle Ltro, i piani di finanziamento straordinari avviati tre anni fa. Che hanno contribuito ad arginare la crisi dei debiti sovrani, ma hanno mancato l’obiettivo di far affluire risorse all’economia reale.
Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 le banche italiane avevano ottenuto 255 miliardi, e di questi al 30 giugno scorso 160 risultavano ancora in pancia. La prima Ltro scadrà il 29 gennaio, la seconda il 26 febbraio, ma «le banche potrebbero accelerare i rimborsi con l’avvicinarsi delle scadenze», riportava un recente report UniCredit. Che comunque non traccia scenari apocalittici: al momento la liqui dit uà non è un problema, dunque il funding gap da 85 miliardi che si verrà a creare con il passaggio di testimone tra Ltro e Tltro dovrebbe essere tranquillamente gestibile, senza ripercussioni sul credito.
Autore: Marco Ferrando
Fonte:
Il Sole 24 Ore
Il (nuovo) rubinetto della Bce si aprirà tra poco meno di un mese, il 18 settembre. Ma i conti ormai sono fatti, e le prime dieci banche italiane, secondo quanto ricostruito da Il Sole 24 Ore, hanno già deciso di chiedere all’Eurotower oltre 50 miliardi.
Sì, perché se è vero che per il nuovo “bazooka” di Mario Draghi, la serie di otto Tltro (Targeted long-term refinancing operations), il potenziale complessivo per le banche italiane compresa la Cassa depositi e prestiti è di 75 miliardi, a fare la parte del leone, come naturale, saranno le grandi banche.
I board dei primi dieci istituti di credito, infatti, hanno già deliberato di chiedere a Francoforte 51,8 miliardi. Più della metà sarà “tirato” da Intesa Sanpaolo (17 miliardi) e UniCredit (fino a 15 miliardi, di cui la metà sarà destinata all’Italia), ma anche per gli altri gruppi le due Tltro saranno un’occasione per portare a casa risorse fresche a prezzi da saldo, considerato che il tasso (fisso) è dello 0,25% e la scadenza quadriennale. Risorse che, però, andranno trasformate in nuovi impieghi per le imprese, pena la restituzione anticipata alla Banca centrale europea.
Il rush finale
Come annunciato da Mario Draghi a inizio giugno, la prima assegnazione avverrà a settembre, mentre la seconda si terrà l’11 dicembre. In totale nel 2014 la Bce punta a distribuire circa 400 miliardi, ma visto che l’ambizione è quella di innescare un circolo virtuoso, di qui al 2017 per le banche potrebbero arrivare fino a mille miliardi.
Intanto, si lavora alle prime due tornate. E per le tesorerie delle banche non è una passeggiata: dopo l’annuncio di inizio giugno, i dettagli dell’operazione sono arrivati solo nel mese di luglio, mentre i documenti di Banca d’Italia (necessari per individuare gli impieghi che possono essere utilizzati dagli istituti per richiedere i fondi Bce) sono dei primi di agosto. Per questo, si corre. Dopo aver depositato l’8 agosto le domande di partecipazione (le banche possono presentarsi da sole o in gruppo), entro giovedì prossimo andrà consegnata a Francoforte la documentazione relativa ai prestiti attualmente in essere: ogni banca, infatti, può richiedere fino al 7% dello stock di impieghi (tranne i mutui immobiliari, per prevenire nuove bolle del settore) registrati al 30 aprile scorso. Il lavoro non è semplice, la Vigilanza ha messo a disposizione anche un help desk, ma è fondamentale per approdare alla scadenza successiva, fissata all’11 settembre, quando ogni banca riceverà conferma del limite massimo che potrà essere ottenuto: a quel punto, ci sarà una settimana per formulare la propria richiesta, mentre l’assegnazione dei fondi è prevista per il 18 settembre.
Lo stesso percorso si seguirà a partire dalla fine di novembre per la seconda Tltro. Ed è probabile che molte banche preferiscano aspettare la seconda asta: come nel caso di Ubi, che per chiedere i suoi 3 miliardi attenderà fino a dicembre. «Per ora non ci servono altre risorse», ha spiegato due settimane fa il consigliere delegato Victor Massiah a Il Sole, ricordando che il gruppo al momento è ancora in possesso di 12 miliardi di Ltro e che comunque «il problema resta la domanda di credito sano, che per ora resta limitata».
Il ritiro per chi non presta
Entro la fine dell’anno, comunque, i 75 miliardi di liquidità saranno arrivati a destinazione. E le banche dovranno sbrigarsi a utilizzarli, prestandoli a imprese e famiglie: Morgan Stanley ritiene che grazie al costo ridotto della raccolta il credito per le Pmi in Italia potrebbe scendere di 20-40 punti base, e in molti si attendono con l’autunno il lancio di nuove campagne particolarmente aggressive da parte di tutti, dalla Bcc ai grandi gruppi. Anche perché, chi non presta non solo non potrà partecipare alle nuove Tltro, ma a partire dal settembre 2016 dovrà restituire quanto ricevuto alla Bce.
Merito di quella «T» che la Bce ha inserito davanti al già noto acronimo «Ltro», e che sta per «targeted». È u una lettera che dà il senso dell’operazione, perché questa volta le banche non potranno usare i soldi presi a tasso agevolato per comprare titoli di Stato ma dovranno u farli convergere su un bersaglio preciso, che è l’economia reale. Un circolo virtuoso, come si diceva, che se funzionerà metterà a disposizione delle banche italiane qualcosa come «200 miliardi di euro lungo l’intero orizzonte del programma», come ha ricordato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, poco più di un mese fa nel corso del suo intervento all’assemblea dell’Abi.
Verso la fine delle Ltro
Per una misura che si apre, un’altra che si chiude. L’avvio delle T l utro, infatti, coincide con la fine delle Ltro, i piani di finanziamento straordinari avviati tre anni fa. Che hanno contribuito ad arginare la crisi dei debiti sovrani, ma hanno mancato l’obiettivo di far affluire risorse all’economia reale.
Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 le banche italiane avevano ottenuto 255 miliardi, e di questi al 30 giugno scorso 160 risultavano ancora in pancia. La prima Ltro scadrà il 29 gennaio, la seconda il 26 febbraio, ma «le banche potrebbero accelerare i rimborsi con l’avvicinarsi delle scadenze», riportava un recente report UniCredit. Che comunque non traccia scenari apocalittici: al momento la liqui dit uà non è un problema, dunque il funding gap da 85 miliardi che si verrà a creare con il passaggio di testimone tra Ltro e Tltro dovrebbe essere tranquillamente gestibile, senza ripercussioni sul credito.
Autore: Marco Ferrando
Fonte:
Il Sole 24 Ore