Sulla carta, tutti d’accordo. Pagare i debiti della pubblica amministrazione è una priorità per il Paese.
E chi, del resto, potrebbe sostenere e argomentare una tesi contraria. Dalle parole ai fatti, tuttavia, la distanza resta spesso ampia e le amministrazioni italiane certamente non brillano nella capacità di colmare il gap. Alcuni deputati della Regione Sicilia, ad esempio, storcono il naso davanti alla possibilità di dover mettere mano al portafoglio sottoscrivendo un mutuo da un miliardo con la Cdp, argomentando che «questi soldi servirebbero per pagare le aziende del Nord». Tesi suggestiva, anche dimenticandosi delle migliaia di imprese locali che attendono da tempo immemore il saldo delle proprie fatture da parte della Regione, perché pagare i debiti – anche nei confronti delle imprese «del Nord», resta comunque un dovere, la cui declinazione geografica pare poco comprensibile.
Pagare, dunque. Mettendo da parte i poteri di veto della burocrazia per allineare tutte le amministrazioni su questo obiettivo, a maggior ragione cruciale nel momento in cui per le imprese è il profilo finanziario quello più difficile da gestire. Per assecondare i deboli e incostanti refoli di ripresa, infatti, le aziende possono contare solo in parte sul credito bancario, con uno stock di finanziamenti crollato in un anno di altri 30 miliardi (-5,2%) mentre nello stesso periodo in Germania la riduzione è di appena lo 0,1%. Il perimetro dei benefici possibili derivanti da un immediato saldo dei debiti della Pa è peraltro più ampio della semplice schiera dei fornitori diretti.
Evoluzione visibile già nelle prime analisi sul 2013, studiando l’impatto delle somme già liquidate sul sistema. Nel terzo trimestre del 2013, dopo aver saldato debiti pregressi per 11,3 miliardi di euro, lo “scaduto” della Pa si è ridotto drasticamente, scendendo al 48,2%, quasi 15 punti in meno rispetto al periodo precedente. L’effetto ulteriore è però riscontrabile negli stessi fornitori, aziende che ottengono finalmente i fondi dovuti, recuperando almeno in parte il proprio equilibrio finanziario.
Imprese che a loro volta sono ora in grado di pagare per tempo i propri fornitori e i dati di Cerved group certificano questa tendenza: a settembre del 2012 lo scaduto valeva un terzo delle fatture, ora il 28,8%. Accelerare i pagamenti è quindi forse il modo migliore per provare a dare una scossa all’economia come conferma l’analisi di Confindustria Padova. Meglio un decreto legge, come sostiene il vicepresidente della commissione Ue Antonio Tajani? Sulla carta sì, anche se l’esperienza recente della Sabatini-bis per incentivare gli acquisti di macchinari evidenzia le grandi difficoltà insite anche in questo percorso, accelerato soltanto sulla carta. Il decreto del Fare, che includeva la Sabatini-Bis, risale alla scorsa estate (21 giugno il decreto, 20 agosto la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) mentre l’accesso allo strumento sarà possibile per le imprese soltanto tra un paio di settimane, alla fine di marzo. Che sia un Decreto o un disegno di Legge in fondo conta relativamente, l’importante è muoversi.
Fonte:
Il Sole 24 ore
Sulla carta, tutti d’accordo. Pagare i debiti della pubblica amministrazione è una priorità per il Paese.
E chi, del resto, potrebbe sostenere e argomentare una tesi contraria. Dalle parole ai fatti, tuttavia, la distanza resta spesso ampia e le amministrazioni italiane certamente non brillano nella capacità di colmare il gap. Alcuni deputati della Regione Sicilia, ad esempio, storcono il naso davanti alla possibilità di dover mettere mano al portafoglio sottoscrivendo un mutuo da un miliardo con la Cdp, argomentando che «questi soldi servirebbero per pagare le aziende del Nord». Tesi suggestiva, anche dimenticandosi delle migliaia di imprese locali che attendono da tempo immemore il saldo delle proprie fatture da parte della Regione, perché pagare i debiti – anche nei confronti delle imprese «del Nord», resta comunque un dovere, la cui declinazione geografica pare poco comprensibile.
Pagare, dunque. Mettendo da parte i poteri di veto della burocrazia per allineare tutte le amministrazioni su questo obiettivo, a maggior ragione cruciale nel momento in cui per le imprese è il profilo finanziario quello più difficile da gestire. Per assecondare i deboli e incostanti refoli di ripresa, infatti, le aziende possono contare solo in parte sul credito bancario, con uno stock di finanziamenti crollato in un anno di altri 30 miliardi (-5,2%) mentre nello stesso periodo in Germania la riduzione è di appena lo 0,1%. Il perimetro dei benefici possibili derivanti da un immediato saldo dei debiti della Pa è peraltro più ampio della semplice schiera dei fornitori diretti.
Evoluzione visibile già nelle prime analisi sul 2013, studiando l’impatto delle somme già liquidate sul sistema. Nel terzo trimestre del 2013, dopo aver saldato debiti pregressi per 11,3 miliardi di euro, lo “scaduto” della Pa si è ridotto drasticamente, scendendo al 48,2%, quasi 15 punti in meno rispetto al periodo precedente. L’effetto ulteriore è però riscontrabile negli stessi fornitori, aziende che ottengono finalmente i fondi dovuti, recuperando almeno in parte il proprio equilibrio finanziario.
Imprese che a loro volta sono ora in grado di pagare per tempo i propri fornitori e i dati di Cerved group certificano questa tendenza: a settembre del 2012 lo scaduto valeva un terzo delle fatture, ora il 28,8%. Accelerare i pagamenti è quindi forse il modo migliore per provare a dare una scossa all’economia come conferma l’analisi di Confindustria Padova. Meglio un decreto legge, come sostiene il vicepresidente della commissione Ue Antonio Tajani? Sulla carta sì, anche se l’esperienza recente della Sabatini-bis per incentivare gli acquisti di macchinari evidenzia le grandi difficoltà insite anche in questo percorso, accelerato soltanto sulla carta. Il decreto del Fare, che includeva la Sabatini-Bis, risale alla scorsa estate (21 giugno il decreto, 20 agosto la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) mentre l’accesso allo strumento sarà possibile per le imprese soltanto tra un paio di settimane, alla fine di marzo. Che sia un Decreto o un disegno di Legge in fondo conta relativamente, l’importante è muoversi.
Fonte:
Il Sole 24 ore