Nonostante lo spread sia a livelli minimi e la crescita economica trimestrale abbia registrato il primo segno più dal 2011, l’economia italiana stenta a ripartire.
A frenare questo decollo contribuisce sicuramente il nostro sistema bancario, che non ha mai brillato per efficienza, ma che oggi si trova in particolare difficoltà, dopo quattro anni di pesantissima recessione e con un esame della Banca centrale europea (Bce) a breve.
Fa bene quindi il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ad occuparsi del problema.
L’idea da lui avanzata di una ” bad bank” ha i suoi meriti. Ma c’è bad bank e bad bank. Nella sua accezione originaria la bad bank ha due funzioni. La prima è quella di rimuovere l’incertezza sul valore dei crediti in sofferenza per facilitare la raccolta di capitale di rischio. È difficile per degli investitori sottoscrivere un aumento di capitale quando non è chiara la dimensione del buco che devono coprire. In particolar modo, un nuovo investitore teme l’uso dei nuovi fondi per occultare le perdite sui prestiti esistenti (quello che gli inglesi chiamano extend and pretend). La collocazione dei crediti in sofferenza in una entità separata rende più difficili questi abusi e quindi più facile raccogliere quel capitale di cui molte banche italiane hanno oggi bisogno.
La seconda funzione della bad bank è quella di migliorare l’efficienza nel recupero dei crediti in sofferenza. Non tutti i crediti però vengono recuperati al meglio se trasferiti in una entità separata. Sono molto adatti al trasferimento in una bad bank i crediti con garanzie reali nei confronti di imprese fallite. In questo caso non esiste nessuna sinergia tra l’ufficio concessione crediti e l’ufficio recupero crediti: l’azienda è morta e si tratta di trovare un bravo venditore per le proprietà pignorate.
Sono anche adatti al trasferimento alla bad bank i prestiti ai conoscenti dei banchieri. Per un malinteso senso di amicizia o per evitare di ammettere l’errore compiuto, una Banca Intesa guidata da Bazoli tenderà ad essere troppo generosa nel rinegoziare i debiti di Zaleski. Una volta in mano ad un investitore interessato solo alla massimizzazione dei profitti, Zaleski sarebbe trattato come tutti gli altri debitori, aumentando il valore recuperato. Il rischio, però, è che a questo tipo di investitori siano trasferiti crediti nei confronti di imprese valide ma in difficoltà, che vedrebbero così segnata la loro sorte. Una banca, soprattutto una banca radicata sul territorio, ha un interesse ad aiutare le imprese fondamentalmente sane a superare momenti di difficoltà finanziaria, perché queste imprese rappresentano clienti futuri. Una bad bank no, perché non ha clienti futuri: viene liquidata una volta recuperati tutti i crediti. Purtroppo la selezione tra i clienti di un tipo e quelli di un altro richiede una profonda conoscenza delle situazioni specifiche.
Autore: Luigi Zingales
Fonte:
Il Sole 24 Ore
Nonostante lo spread sia a livelli minimi e la crescita economica trimestrale abbia registrato il primo segno più dal 2011, l’economia italiana stenta a ripartire.
A frenare questo decollo contribuisce sicuramente il nostro sistema bancario, che non ha mai brillato per efficienza, ma che oggi si trova in particolare difficoltà, dopo quattro anni di pesantissima recessione e con un esame della Banca centrale europea (Bce) a breve.
Fa bene quindi il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ad occuparsi del problema.
L’idea da lui avanzata di una ” bad bank” ha i suoi meriti. Ma c’è bad bank e bad bank. Nella sua accezione originaria la bad bank ha due funzioni. La prima è quella di rimuovere l’incertezza sul valore dei crediti in sofferenza per facilitare la raccolta di capitale di rischio. È difficile per degli investitori sottoscrivere un aumento di capitale quando non è chiara la dimensione del buco che devono coprire. In particolar modo, un nuovo investitore teme l’uso dei nuovi fondi per occultare le perdite sui prestiti esistenti (quello che gli inglesi chiamano extend and pretend). La collocazione dei crediti in sofferenza in una entità separata rende più difficili questi abusi e quindi più facile raccogliere quel capitale di cui molte banche italiane hanno oggi bisogno.
La seconda funzione della bad bank è quella di migliorare l’efficienza nel recupero dei crediti in sofferenza. Non tutti i crediti però vengono recuperati al meglio se trasferiti in una entità separata. Sono molto adatti al trasferimento in una bad bank i crediti con garanzie reali nei confronti di imprese fallite. In questo caso non esiste nessuna sinergia tra l’ufficio concessione crediti e l’ufficio recupero crediti: l’azienda è morta e si tratta di trovare un bravo venditore per le proprietà pignorate.
Sono anche adatti al trasferimento alla bad bank i prestiti ai conoscenti dei banchieri. Per un malinteso senso di amicizia o per evitare di ammettere l’errore compiuto, una Banca Intesa guidata da Bazoli tenderà ad essere troppo generosa nel rinegoziare i debiti di Zaleski. Una volta in mano ad un investitore interessato solo alla massimizzazione dei profitti, Zaleski sarebbe trattato come tutti gli altri debitori, aumentando il valore recuperato. Il rischio, però, è che a questo tipo di investitori siano trasferiti crediti nei confronti di imprese valide ma in difficoltà, che vedrebbero così segnata la loro sorte. Una banca, soprattutto una banca radicata sul territorio, ha un interesse ad aiutare le imprese fondamentalmente sane a superare momenti di difficoltà finanziaria, perché queste imprese rappresentano clienti futuri. Una bad bank no, perché non ha clienti futuri: viene liquidata una volta recuperati tutti i crediti. Purtroppo la selezione tra i clienti di un tipo e quelli di un altro richiede una profonda conoscenza delle situazioni specifiche.
Autore: Luigi Zingales
Fonte:
Il Sole 24 Ore