Si presentano un po’ più fragili delle “cugine” spa all’ appuntamento con la vigilanza europea, con un po’ meno patrimonio di vigilanza e un po’ più crediti problematici.
Non solo: per le principali banche popolari (quelle comprese nell’ elenco delle “top 15” banche che passeranno sotto la vigilanza europea) i prestiti problematici, a vario titolo non del tutto in bonis, hanno livelli di copertura mediamente più bassi rispetto alle altre banche dell’ elenco.
Caratteristiche che le popolari hanno spesso avuto, ma che gli anni della crisi hanno acuito. «Però le banche popolari hanno spesso una composizione diversa di fattori – spiega Riccardo Rovere, analista Mediobanca Securities del settore creditizio – con minori coperture a fronte di crediti problematici ma anche con maggiori garanzie reali e personali». Elemento che aggiunge complessità alla lettura dei bilanci, perché dall’ esterno è difficile valutare cosa c’ è davvero nelle garanzie reali e qual è il loro fair value . Partiamo dai numeri.
Se consideriamo i dati di bilancio al 30 giugno scorso, il Core tier1 delle 15 banche destinate a passare sotto la vigilanza Bce è pari al 9,3% (media aritmetica), un dato cumulativo che vede le spa al 10,1% e le banche popolari (otto) all’ 8,6%. Negli ultimi dati di bilancio approvati, al 30 settembre, vediamo Ubi con un Core tier1 del 12,5% e il Banco Popolare è al 10,3%, il Credito Valtellinese dell’ 8,2%, la Popolare di Sondrio al 7,7% mente la Bpm è al 7,3% e la Bper all’ 8,4%. Ma attenzione, anche questi dati in realtà vanno interpretati: alcune popolari (come le altre banche del resto) adottano il modello di validazione interno avanzato, altre non hanno ancora avuto il disco verde dalla Banca d’ Italia. E la differenza vale un punto-un punto e mezzo percentuale, in termini di Core tier 1: insomma, si rischia di paragonare almeno in parte pere con mele. Secondo le stime Prometeia, con i parametri Basilea 3 phasedin il patrimonio di vigilanza delle “15 big” al 30 giugno presenta livelli appena più compressi: l’ 8,2% per le banche popolari rispetto al 9,3% delle spa e ad un dato totale di 8,7%.
Dunque, sebbene con qualche distinguo e spiegazione, si conferma la minor capitalizzazione delle banche popolari rispetto alle altre. Un effetto indiretto della crisi, perché prima degli stress test e dell’ Eba era piuttosto vero il contrario: «In realtà più che di banche popolari dovremmo parlare di banche di medie dimensioni, anche se poi tra le banche medie molte sono popolari – spiega Giuseppe Lusignani, vice presidente Prometeia – questo campione non è stato sottoposto agli stress test e al requisito del 9% richiesto dall’ Eba, dunque non ha fatto aumenti di capitale e di conseguenza ora si trova meno patrimonializzato delle grandi banche. Inoltre, le banche popolari hanno fatto meno deleveraging, insomma hanno dato più credito o quantomeno hanno ridotto meno i prestiti, quindi si trovano più esposte in termini patrimoniali rispetto alle altre».
Diverso è il discorso delle sofferenze, o per meglio dire dell’ universo “crediti problematici”. Ebbene, questo comparto allargato rappresenta – al 30 settembre scorso – il 10,2% del totale dei prestiti per Ubi, percentuale che sale al 14,6% per il Banco Popolare, al 13,9% per la Bper e all’ 11,8% per il Credito Valtellinese (contro l’ 8,8% di Unicredit e Intesa Sanpaolo, per capirsi). E il tasso di copertura? Sotto il 26% per Ubi e Banco Popolare, al 32,5% per il Credito Valtellinese e al 35,7% per la Bper, contro il 44,5% di Unicredit e Intesa. Dunque le popolari sarebbero meno accorte delle banche più grandi nel concedere il credito e meno prudenti nelle politiche di bilancio? Non necessariamente, occorre ricordare il discorso delle garanzie reali fatto prima, però certo non brillano per rettifiche e accantonamenti: secondo le stime di alcuni analisti, ad esempio, il rapporto tra crediti problematici netti e patrimonio di vigilanza è pari al 230 per cento per il Banco Popolare, a circa il 180% per il Credito valtellinese e al 120% per Ubi mentre le solite due superbig (Intesa e Unicredit) stanno sotto il 100%. Ma per Ubi ad esempio il valore dei collaterali (quasi sempre immobili dati in garanzia) è intorno al 180% dei crediti problematici lordi (e anche altre popolari hanno garanzie reali molto forti). Certo, proprio il valore reale, nel tempo, delle garanzie è stato al centro della pressante moral suasion di Bankitalia, a fine 2012, in particolare per quanto riguarda il valore degli immobili (in genere il 70-75% delle garanzie) il cui prezzo di mercato ha scontato duramente la crisi degli ultimi anni.
Autore: Vittoria Puledda
Fonte:
Repubblica
Si presentano un po’ più fragili delle “cugine” spa all’ appuntamento con la vigilanza europea, con un po’ meno patrimonio di vigilanza e un po’ più crediti problematici.
Non solo: per le principali banche popolari (quelle comprese nell’ elenco delle “top 15” banche che passeranno sotto la vigilanza europea) i prestiti problematici, a vario titolo non del tutto in bonis, hanno livelli di copertura mediamente più bassi rispetto alle altre banche dell’ elenco.
Caratteristiche che le popolari hanno spesso avuto, ma che gli anni della crisi hanno acuito. «Però le banche popolari hanno spesso una composizione diversa di fattori – spiega Riccardo Rovere, analista Mediobanca Securities del settore creditizio – con minori coperture a fronte di crediti problematici ma anche con maggiori garanzie reali e personali». Elemento che aggiunge complessità alla lettura dei bilanci, perché dall’ esterno è difficile valutare cosa c’ è davvero nelle garanzie reali e qual è il loro fair value . Partiamo dai numeri.
Se consideriamo i dati di bilancio al 30 giugno scorso, il Core tier1 delle 15 banche destinate a passare sotto la vigilanza Bce è pari al 9,3% (media aritmetica), un dato cumulativo che vede le spa al 10,1% e le banche popolari (otto) all’ 8,6%. Negli ultimi dati di bilancio approvati, al 30 settembre, vediamo Ubi con un Core tier1 del 12,5% e il Banco Popolare è al 10,3%, il Credito Valtellinese dell’ 8,2%, la Popolare di Sondrio al 7,7% mente la Bpm è al 7,3% e la Bper all’ 8,4%. Ma attenzione, anche questi dati in realtà vanno interpretati: alcune popolari (come le altre banche del resto) adottano il modello di validazione interno avanzato, altre non hanno ancora avuto il disco verde dalla Banca d’ Italia. E la differenza vale un punto-un punto e mezzo percentuale, in termini di Core tier 1: insomma, si rischia di paragonare almeno in parte pere con mele. Secondo le stime Prometeia, con i parametri Basilea 3 phasedin il patrimonio di vigilanza delle “15 big” al 30 giugno presenta livelli appena più compressi: l’ 8,2% per le banche popolari rispetto al 9,3% delle spa e ad un dato totale di 8,7%.
Dunque, sebbene con qualche distinguo e spiegazione, si conferma la minor capitalizzazione delle banche popolari rispetto alle altre. Un effetto indiretto della crisi, perché prima degli stress test e dell’ Eba era piuttosto vero il contrario: «In realtà più che di banche popolari dovremmo parlare di banche di medie dimensioni, anche se poi tra le banche medie molte sono popolari – spiega Giuseppe Lusignani, vice presidente Prometeia – questo campione non è stato sottoposto agli stress test e al requisito del 9% richiesto dall’ Eba, dunque non ha fatto aumenti di capitale e di conseguenza ora si trova meno patrimonializzato delle grandi banche. Inoltre, le banche popolari hanno fatto meno deleveraging, insomma hanno dato più credito o quantomeno hanno ridotto meno i prestiti, quindi si trovano più esposte in termini patrimoniali rispetto alle altre».
Diverso è il discorso delle sofferenze, o per meglio dire dell’ universo “crediti problematici”. Ebbene, questo comparto allargato rappresenta – al 30 settembre scorso – il 10,2% del totale dei prestiti per Ubi, percentuale che sale al 14,6% per il Banco Popolare, al 13,9% per la Bper e all’ 11,8% per il Credito Valtellinese (contro l’ 8,8% di Unicredit e Intesa Sanpaolo, per capirsi). E il tasso di copertura? Sotto il 26% per Ubi e Banco Popolare, al 32,5% per il Credito Valtellinese e al 35,7% per la Bper, contro il 44,5% di Unicredit e Intesa. Dunque le popolari sarebbero meno accorte delle banche più grandi nel concedere il credito e meno prudenti nelle politiche di bilancio? Non necessariamente, occorre ricordare il discorso delle garanzie reali fatto prima, però certo non brillano per rettifiche e accantonamenti: secondo le stime di alcuni analisti, ad esempio, il rapporto tra crediti problematici netti e patrimonio di vigilanza è pari al 230 per cento per il Banco Popolare, a circa il 180% per il Credito valtellinese e al 120% per Ubi mentre le solite due superbig (Intesa e Unicredit) stanno sotto il 100%. Ma per Ubi ad esempio il valore dei collaterali (quasi sempre immobili dati in garanzia) è intorno al 180% dei crediti problematici lordi (e anche altre popolari hanno garanzie reali molto forti). Certo, proprio il valore reale, nel tempo, delle garanzie è stato al centro della pressante moral suasion di Bankitalia, a fine 2012, in particolare per quanto riguarda il valore degli immobili (in genere il 70-75% delle garanzie) il cui prezzo di mercato ha scontato duramente la crisi degli ultimi anni.
Autore: Vittoria Puledda
Fonte:
Repubblica