Il mercato dei crediti deteriorati italiani fa gola agli investitori speculativi esteri: private equity, in gran parte Usa, ma anche branch di colossi bancari internazionali.
Il settore, dopo un periodo di calma, è tornato in fermento negli ultimi mesi.
Secondo le indiscrezioni molte banche italiane starebbero valutando di mettere in vendita portafogli di Non performing loans (Npl) per svariati miliardi di euro.
Mps starebbe trattando la cessione di sofferenze con il gruppo statunitense Fortress. Per quale ammontare? Rocca Salimbeni era partita da quasi 4 miliardi ma ora la cifra oggetto di trattativa sarebbe circa dimezzata. Il Banco Popolare, l’istituto guidato da Pierfrancesco Saviotti che ha avuto in eredità le sofferenze di Italease, avrebbe in corso discussioni preliminari con alcuni soggetti (tra cui Deutsche Bank) per un portafoglio di circa un miliardo di crediti problematici. Infine, Fortress e Goldman Sachs avrebbero contattato la Banca Popolare di Vicenza per un pacchetto di circa 700 milioni di Npl.
Una procedura sarebbe in corso e vedrebbe Rothschild come advisor. Nei prossimi mesi potrebbe toccare a una serie di banche locali: portando i volumi di sofferenze, che potrebbero passare di mano, attorno ai 6 miliardi. In aggiunta anche UniCredit avrebbe avviato una procedura per vendere una quota della sua banca attiva nella gestione delle sofferenze: la Credit Management Bank. Tra gli interessati ci sarebbero gli americani di Blackstone.
Ma quale vantaggio hanno le banche a cedere le sofferenze? Fino a oggi gli istituti italiani sono sempre stati cauti in queste operazioni, anche perché la percentuale di svalutazione di questi crediti è abbastanza bassa e c’è il forte rischio di accusare delle perdite. Però la situazione potrebbe cambiare. Secondo Riccardo Serrini, Ad di Prelios Credit Servicing, «è un problema da risolvere a livello di sistema. Il fenomeno – spiega – ha numeri enormi: 144 miliardi di sofferenze, secondo l’Abi, e sub performing per una cifra doppia. Proprio per questo è in corso un tavolo comune da parte del Fondo monetario internazionale, dell’Abi, di Banca d’Italia e dei due principali servicers.
Le banche devono trovare la via più corretta per cedere le sofferenze al giusto prezzo, in modo da liberare capitale per dare liquidità al Paese e alle imprese.
Il problema deve essere risolto anche a livello legislativo: consentendo ad esempio alle banche di ammortizzare in più anni le perdite da cessione e e rendendo più efficiente il sistema giuridico per snellire le procedure, migliorando i tempi di recupero del credito». Al contrario i potenziali acquirenti esteri sono opportunistici e puntano a rendimenti del 20%: «I big esteri continua Serrini comprano portafogli per avere ritorni finanziari dal recupero del credito tramite servicers specializzati. In questi portafogli c’è un po’ di tutto: sofferenze che vanno dai piccoli crediti ipotecari o chirografari ai grandi finanziamenti concessi a società o a progetti immobiliari».
Autore: Carlo Festa
Fonte:
Il Sole 24 Ore
Il mercato dei crediti deteriorati italiani fa gola agli investitori speculativi esteri: private equity, in gran parte Usa, ma anche branch di colossi bancari internazionali.
Il settore, dopo un periodo di calma, è tornato in fermento negli ultimi mesi.
Secondo le indiscrezioni molte banche italiane starebbero valutando di mettere in vendita portafogli di Non performing loans (Npl) per svariati miliardi di euro.
Mps starebbe trattando la cessione di sofferenze con il gruppo statunitense Fortress. Per quale ammontare? Rocca Salimbeni era partita da quasi 4 miliardi ma ora la cifra oggetto di trattativa sarebbe circa dimezzata. Il Banco Popolare, l’istituto guidato da Pierfrancesco Saviotti che ha avuto in eredità le sofferenze di Italease, avrebbe in corso discussioni preliminari con alcuni soggetti (tra cui Deutsche Bank) per un portafoglio di circa un miliardo di crediti problematici. Infine, Fortress e Goldman Sachs avrebbero contattato la Banca Popolare di Vicenza per un pacchetto di circa 700 milioni di Npl.
Una procedura sarebbe in corso e vedrebbe Rothschild come advisor. Nei prossimi mesi potrebbe toccare a una serie di banche locali: portando i volumi di sofferenze, che potrebbero passare di mano, attorno ai 6 miliardi. In aggiunta anche UniCredit avrebbe avviato una procedura per vendere una quota della sua banca attiva nella gestione delle sofferenze: la Credit Management Bank. Tra gli interessati ci sarebbero gli americani di Blackstone.
Ma quale vantaggio hanno le banche a cedere le sofferenze? Fino a oggi gli istituti italiani sono sempre stati cauti in queste operazioni, anche perché la percentuale di svalutazione di questi crediti è abbastanza bassa e c’è il forte rischio di accusare delle perdite. Però la situazione potrebbe cambiare. Secondo Riccardo Serrini, Ad di Prelios Credit Servicing, «è un problema da risolvere a livello di sistema. Il fenomeno – spiega – ha numeri enormi: 144 miliardi di sofferenze, secondo l’Abi, e sub performing per una cifra doppia. Proprio per questo è in corso un tavolo comune da parte del Fondo monetario internazionale, dell’Abi, di Banca d’Italia e dei due principali servicers.
Le banche devono trovare la via più corretta per cedere le sofferenze al giusto prezzo, in modo da liberare capitale per dare liquidità al Paese e alle imprese.
Il problema deve essere risolto anche a livello legislativo: consentendo ad esempio alle banche di ammortizzare in più anni le perdite da cessione e e rendendo più efficiente il sistema giuridico per snellire le procedure, migliorando i tempi di recupero del credito». Al contrario i potenziali acquirenti esteri sono opportunistici e puntano a rendimenti del 20%: «I big esteri continua Serrini comprano portafogli per avere ritorni finanziari dal recupero del credito tramite servicers specializzati. In questi portafogli c’è un po’ di tutto: sofferenze che vanno dai piccoli crediti ipotecari o chirografari ai grandi finanziamenti concessi a società o a progetti immobiliari».
Autore: Carlo Festa
Fonte:
Il Sole 24 Ore