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Torna in auge il credito su pegno

Gli italiani riscoprono il credito su pegno. Una pratica nata in Italia nel 1400 ed erogata dai «Monti di Pietà» per far fronte ai bisogni delle classi sociali più povere e oggi proposta dalle banche tra i loro servizi.

Il meccanismo è lo stesso: si consegna presso uno sportello abilitato un oggetto di valore in cambio di denaro, con la possibilità di riscattarlo dietro pagamento della quota iniziale più gli interessi. Una possibilità alla quale non ricorrono più solo persone indigenti, ma anche imprenditori, commercianti e liberi professionisti alla ricerca di un più facile accesso al credito.

Un trend in aumento. Un fenomeno in crescita con la crisi: secondo i dati della Banca popolare commercio e industria (nove sportelli per il credito su pegno in Lombardia e 400 clienti in media ogni giorno) le polizze erogate crescono a un ritmo del 7% annuo. «Anche se a frenarne ulteriormente la crescita è l’espansione dei negozi compro oro: una soluzione preferita da molti perché più remunerativa», sottolinea Ivano Caldera, responsabile del servizio di pegno di Banca popolare commercio e industria.

La Banca d’Italia ha invece stimato una media di 30 mila prestiti su pegno al mese, mentre Unicredit, che conta 33 sportelli dedicati in tutta Italia, parla di oltre 20 mila operazioni mensili. «Gli oggetti che accettiamo a garanzia dei prestiti, senza limite di valore, spaziano dai beni preziosi (oggetti in oro, argento e in platino, monete o medaglie in oro e in argento, diamanti, pietre preziose e semipreziose, perle, coralli, orologi) fino ai beni non preziosi, come tappeti e pellicce. Un tempo venivano impegnati anche gli aratri e in Sicilia i corredi nuziali», spiega Franco Stramezzi, responsabile dell’attività di credito su pegno di Unicredit. La Banca popolare accetta, invece, essenzialmente oggetti d’oro e orologi d’oro o di marca.

La valutazione. Un perito preposto dalla banca procede poi a effettuare una stima dell’oggetto sulla cui base viene erogato il prestito che in Unicredit ammonta all’80% del valore stimato per i beni preziosi e al 50% per i beni non preziosi. Mentre in Banca popolare l’importo concesso non può eccedere i quattro quinti del valore di stima dell’oggetto. «Nella valutazione incidono diversi fattori», prosegue Stramezzi, «dalla commerciabilità, alla presenza o meno di un certificato di analisi gemmologiche o di firme accreditate (per esempio, Bulgari, Cartier, Pomellato)».

Una volta concesso il credito, viene rilasciata una polizza al portatore che permetterà al proprietario di riscattare successivamente il bene impegnato. Polizze che hanno in genere durata contrattuale trimestrale o semestrale e che alla loro naturale scadenza possono essere rinnovate. Una clientela eterogenea. Ad attirare i clienti è soprattutto la velocità con cui viene erogato il prestito. La stima viene, infatti, effettuata immediatamente allo sportello e per ricevere i soldi è sufficiente presentare, oltre all’oggetto da impegnare, un documento d’identità e il codice fiscale. Inoltre, «la concessione del finanziamento non è vincolata allo svolgimento di alcuna indagine patrimoniale o amministrativa e, a differenza dei negozi compro oro, il servizio erogato dalla banca consente al cliente di non perdere, con la vendita, i propri oggetti preziosi», specifica Caldera. Il target dei clienti con la crisi si è poi fatto piuttosto eterogeneo. A ricorrere al pegno sono, infatti, «persone indigenti ma anche e soprattutto imprenditori, liberi professionisti e commercianti che necessitano di un immediato ricorso al credito», afferma Stramezzi. La crisi ha insomma esteso il fenomeno anche alla classe media, «arrivando a coinvolgere impiegati e pensionati», aggiunge Caldera.

Il riscatto. Alla scadenza del prestito l’oggetto impegnato può essere riscattato, restituendo la somma ottenuta maggiorata degli interessi che, nel caso della Banca popolare commercio e industria sono del 6,5-7% semestrali, mentre Unicredit applica l’11,5%. «Diversamente, il cliente può rinnovare il prestito per ulteriori sei mesi, pagando esclusivamente gli interessi dovuti per il periodo», spiega Caldera. Il cliente è comunque libero di riscattare anticipatamente, cioè prima della scadenza prevista, il pegno. «In questo caso, però», specifica Caldera, «dovrà corrispondere la somma ricevuta maggiorata degli interessi dovuti per il periodo e di una penale pari all’1% del prestito emesso». Mentre in Unicredit il riscatto è possibile in qualsiasi momento, con l’aggiunta degli interessi maturati. Per gli oggetti senza riscatto c’è l’asta.

Per gli oggetti che non vengono riscattati, si apre la strada dell’asta pubblica. Ma succede raramente: la maggior parte delle persone riacquista, infatti, il proprio bene. «La percentuale di polizze inviata alla vendita è piuttosto bassa con una media mensile di circa 1.600 su 20 mila», specifica Stramezzi. Numeri confermati anche dalla Banca popolare dove solo il 4,5% dei pegni complessivi viene venduto. «In questi casi il sopravanzo d’asta, ottenuto sottraendo al ricavato le competenze della banca (cioè credito erogato, interessi dovuti e diritti di asta) viene consegnato al cliente», conclude Caldera.


Autore: Sibilla Di Palma
Fonte:

Italia Oggi

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