Era l’8 luglio del 2011 quando Abi e i sindacati firmarono la riforma del fondo di solidarietà. Oggi è il 4 luglio del 2012 e ancora non c’è stata decretazione: quindi gli strumenti innovativi con cui coraggiosamente le parti decisero di riformare il fondo non possono essere usati. E non possono essere usati in una fase in cui servono, come racconta la cronaca di questi giorni.
Nei maggiori gruppi bancari sono in corso trattative a dire il vero molto tese e che richiedono nuovi schemi negoziali per la rivisitazione dei vecchi piani, o per nuove riorganizzazioni aziendali dopo l’ultima riforma pensionistica e dopo che è scoppiata la questione esodati, che ha messo in discussione i risparmi realizzati con i piani dell’anno passato. La conseguenza, come ci spiega il presidente del comitato affari sindacali dell’Abi, Francesco Micheli, «è che se i decreti attuativi non verranno emanati entro breve i processi di riorganizzazione e di ristrutturazione, avviati soprattutto nei grandi gruppi, non potranno che avvalersi delle normative di legge vigenti in materia di licenziamenti per motivi economici, individuali o collettivi.
Condizione che tutti vorrebbero evitare». Il Comitato esecutivo di Abi, oggi a Milano, non potrà non tener conto della difficoltà del momento. Il settore infatti non ha la cassa integrazione e non essendoci i decreti non ci sono nemmeno gli strumenti del nuovo fondo, tra cui la solidarietà espansiva e difensiva. Questo significa che o i grandi gruppi si fermano sulla via delle ristrutturazioni, ma questo è inverosimile, o si procede con i licenziamenti collettivi.
Entrando nel dettaglio l’accordo dell’8 luglio 2011 e i successivi accordi applicativi del 20 ottobre 2011 e 12 gennaio 2012 attendono ancora di essere recepiti. Sono passati settimane, mesi, tra quattro giorni sarà un anno, e ancora non c’è stato nessun recepimento. Eppure le novità da introdurre nel regolamento del fondo, ricorda Micheli, «non determinano aggravi per la finanza pubblica».
Ma i testi giacciono sui tavoli di Ragioneria dello Stato, ministero del Welfare e dell’Economia, le tre istituzioni coinvolte. L’allungamento dei tempi però non può addebitarsi ai costi. Tra le novità si ricorda la modifica dei massimali applicati all’assegno ordinario di sostegno al reddito e alla durata dell’assegno stesso per cui si passa da 18 a 24 mesi, prorogabili con accordo aziendale sino a 36. Poi i contratti di solidarietà espansivi che, ferme le previsioni di legge, vengono ammessi per un periodo massimo di 48 mesi.
Inoltre la riduzione dell’importo dell’assegno straordinario dell’8-11 per cento. A questo quadro già complesso si deve aggiungere anche la sospensione delle domande di assegno straordinario da parte dell’Inps, in mancanza del decreto ministeriale, i lavoratori che non rientrano nelle salvaguardie ex manovra Monti (coloro che rientrano negli accordi antecendenti al 4 dicembre, infatti, come vanno considerati?) e infine i bancari interessati dalle finestre mobili, secondo il Dl 78/2010. Il settore bancario che si prepara ad affrontare uno scenario molto più difficile di quello che era stato rappresentato nei negoziati per il rinnovo del ccnl chiede risposte e decreti attuativi. A breve.
Autore: Cristina Casadei
Fonte:
Il Sole 24Ore
Era l’8 luglio del 2011 quando Abi e i sindacati firmarono la riforma del fondo di solidarietà. Oggi è il 4 luglio del 2012 e ancora non c’è stata decretazione: quindi gli strumenti innovativi con cui coraggiosamente le parti decisero di riformare il fondo non possono essere usati. E non possono essere usati in una fase in cui servono, come racconta la cronaca di questi giorni.
Nei maggiori gruppi bancari sono in corso trattative a dire il vero molto tese e che richiedono nuovi schemi negoziali per la rivisitazione dei vecchi piani, o per nuove riorganizzazioni aziendali dopo l’ultima riforma pensionistica e dopo che è scoppiata la questione esodati, che ha messo in discussione i risparmi realizzati con i piani dell’anno passato. La conseguenza, come ci spiega il presidente del comitato affari sindacali dell’Abi, Francesco Micheli, «è che se i decreti attuativi non verranno emanati entro breve i processi di riorganizzazione e di ristrutturazione, avviati soprattutto nei grandi gruppi, non potranno che avvalersi delle normative di legge vigenti in materia di licenziamenti per motivi economici, individuali o collettivi.
Condizione che tutti vorrebbero evitare». Il Comitato esecutivo di Abi, oggi a Milano, non potrà non tener conto della difficoltà del momento. Il settore infatti non ha la cassa integrazione e non essendoci i decreti non ci sono nemmeno gli strumenti del nuovo fondo, tra cui la solidarietà espansiva e difensiva. Questo significa che o i grandi gruppi si fermano sulla via delle ristrutturazioni, ma questo è inverosimile, o si procede con i licenziamenti collettivi.
Entrando nel dettaglio l’accordo dell’8 luglio 2011 e i successivi accordi applicativi del 20 ottobre 2011 e 12 gennaio 2012 attendono ancora di essere recepiti. Sono passati settimane, mesi, tra quattro giorni sarà un anno, e ancora non c’è stato nessun recepimento. Eppure le novità da introdurre nel regolamento del fondo, ricorda Micheli, «non determinano aggravi per la finanza pubblica».
Ma i testi giacciono sui tavoli di Ragioneria dello Stato, ministero del Welfare e dell’Economia, le tre istituzioni coinvolte. L’allungamento dei tempi però non può addebitarsi ai costi. Tra le novità si ricorda la modifica dei massimali applicati all’assegno ordinario di sostegno al reddito e alla durata dell’assegno stesso per cui si passa da 18 a 24 mesi, prorogabili con accordo aziendale sino a 36. Poi i contratti di solidarietà espansivi che, ferme le previsioni di legge, vengono ammessi per un periodo massimo di 48 mesi.
Inoltre la riduzione dell’importo dell’assegno straordinario dell’8-11 per cento. A questo quadro già complesso si deve aggiungere anche la sospensione delle domande di assegno straordinario da parte dell’Inps, in mancanza del decreto ministeriale, i lavoratori che non rientrano nelle salvaguardie ex manovra Monti (coloro che rientrano negli accordi antecendenti al 4 dicembre, infatti, come vanno considerati?) e infine i bancari interessati dalle finestre mobili, secondo il Dl 78/2010. Il settore bancario che si prepara ad affrontare uno scenario molto più difficile di quello che era stato rappresentato nei negoziati per il rinnovo del ccnl chiede risposte e decreti attuativi. A breve.
Autore: Cristina Casadei
Fonte:
Il Sole 24Ore