Con i risultati del primo trimestre è arrivata una boccata d’ossigeno per le banche italiane. Il settore finanziario, in quanto colpito in modo più diretto dalla crisi del debito sovrano, ha faticato più dell’industria nel 2011. Le aziende, soprattutto quelle presenti all’estero, hanno già invertito rotta da alcuni trimestri. I bilanci delle banche hanno invece patito l’anno scorso l’aumento del costo della raccolta e le svalutazioni degli avviamenti legati alle acquisizioni pre-crisi, che hanno causato perdite miliardarie. Perciò erano particolarmente attesi i conti del primo trimestre 2012. Il recupero di redditività rispetto all’ultimo trimestre dell’anno scorso è stato significativo, anche se va detto che gli utili hanno beneficiato degli effetti dei prestiti della Bce, considerando che Francoforte ha fornito agli istituti europei liquidità per mille miliardi e le banche italiane hanno ottenuto circa un quarto di tale importo. Queste risorse hanno dato impulso ai conti economici in diversi modi. Innanzitutto, hanno permesso di riacquistare titoli propri a valori di mercato, quindi a sconto sul valore nominale: le plusvalenze così generate hanno aumentato i profitti e i patrimoni. Inoltre, le risorse Bce, ottenute all’1% (a cui va aggiunto uno 0,8% circa in caso di utilizzo della garanzia pubblica sul collaterale dato alla Bce), sono state impiegate in parte per la sottoscrizione di titoli di Stato, con rendimenti ben superiori. Infine la liquidità dell’Eurotower, oltre a mettere a posto gli squilibri nella raccolta degli istituti, ha migliorato in generale il clima di mercato, restringendo gli spread e facendo aumentare le commissioni per attività della clientela. Grazie a questi fattori, le 23 banche quotate a Piazza Affari hanno prodotto nel primo trimestre utili per 2,34 miliardi. I profitti, nonostante il forte incremento rispetto alle perdite dell’ultimo trimestre dell’anno scorso, sono rimasti al di sotto del 6% rispetto al primo trimestre 2011: questo indica che le incertezze rimangono, soprattutto quelle sull’andamento delle sofferenze in un anno di recessione e sulla capacità di fare utili e di finanziarsi al netto del sostegno della Bce. In caso di spaccatura disordinata dell’Eurozona, i mercati potrebbero tornare a chiudersi, con impatto sulla raccolta degli istituti: l’Abi ha già rilevato che il funding è tornato sotto pressione negli ultimi giorni, in seguito alle notizie da Atene e Madrid. Né i downgrade di Moody’s aiutano a riportare il sereno tra gli investitori. Però è anche vero che la Bce ha già dimostrato di poter intervenire rapidamente (non è esclusa una terza Ltro in caso di necessità) e che, rispetto a un anno fa, sono aumentati sia il margine di intermediazione (+6%) sia il risultato di gestione (+15%). Alcuni banchieri, come Enrico Cucchiani di Intesa Sanpaolo e Federico Ghizzoni di Unicredit, hanno già anticipato l’intenzione per quest’anno di distribuire il dividendo.Proprio i due gruppi maggiori hanno avuto un’accelerazione su base annua dei profitti superiore alla media: +22% per Intesa e +13% per Unicredit. Intesa Sanpaolo ha chiuso il primo trimestre con un risultato netto pari a 804 milioni di euro, rispetto ai 661 milioni registrati nello stesso periodo del 2011 e oltre le previsioni degli analisti, che si attendevano in media un valore di 720 milioni. Si tratta per la banca del risultato più elevato degli ultimi sette trimestri. Il dato comprende le plusvalenze derivanti dal riacquisto dei titoli subordinati Tier 1 per 274 milioni e gli oneri derivanti dall’adeguamento dei titoli greci per 38 milioni. Al netto di questi elementi non ricorrenti, l’utile si sarebbe attestato a 746 milioni. L’effetto Bce si è fatto sentire sul risultato dell’attività di negoziazione, che ha presentato un saldo positivo di 716 milioni di euro (173 milioni nel quarto trimestre 2011, 280 milioni un anno fa). A fronte di un risultato della gestione operativa pari a 2,6 miliardi, in crescita annua del 33%, il cost-income ratio è risultato in miglioramento al 46% rispetto al 56% di fine 2011. In crescita però gli accantonamenti e le rettifiche di valore nette, che sono saliti a 1,06 miliardi rispetto ai 713 milioni dell’anno prima. Sul buon andamento dei conti ha pesato anche il risultato di Banca Imi: l’istituto guidato da Gaetano Miccichè ha messo a segno un aumento dei profitti del 43% a 235 milioni. Intesa Sanpaolo ha ulteriormente rafforzato il patrimonio con un Core Tier 1 ratio salito dal 10,1 al 10,5% e che è a quota 9,6% se calcolato secondo i criteri Eba. Anche Unicredit ha chiuso i conti con l’autorità bancaria europea dopo l’ultimo aumento di capitale e ha raggiunto in anticipo gli obiettivi di capitale con un 10,3% di Core Tier 1 (secondo Basilea 2.5). La banca ha convinto Piazza Affari con profitti per 914 milioni, in crescita del 13% rispetto a un anno prima: anche per il gruppo di Piazza Cordusio il valore è andato oltre le stime degli analisti, che si aspettavano circa 800 milioni. Se si escludono i fattori straordinari (tra cui una plusvalenza da 477 milioni per il riacquisto di titoli subordinati), l’utile sarebbe arrivato a 444 milioni, un valore superiore dell’80% rispetto al trimestre precedente, anche se inferiore del 45% su base annua. La ripresa del primo trimestre è legata a «un buon risultato di negoziazione, il repricing in Italia, rigorosi controlli sui costi e un’intensa attività della clientela», ha spiegato la banca. In progresso anche la liquidità dell’istituto. Grazie anche alla diversificazione geografica, Unicredit ha completato il 44% del piano di finanziamento per l’intero anno. La liquidità è migliorata anche perché i depositi sono aumentati del 2%, mentre il credito nei Paesi occidentali ha frenato (-1,7%). Il rapporto tra crediti e depositi del gruppo è così sceso dal 140 al 136%. Il calo degli accantonamenti su crediti (-7%) ha sorpreso positivamente gli analisti: a livello di gruppo il costo del rischio è diminuito, ma in Italia resterà ancora sotto pressione, a causa della flessione del pil italiano.Il primo trimestre dell’anno intanto ha significato per Mps il ritorno all’utile (a 54,5 milioni), un livello inferiore del 61% rispetto a un anno prima. Nel periodo la banca guidata da Fabrizio Viola ha ridotto i costi del personale del 3% e ha portato il Core Tier 1 al 10,5%. A questi numeri hanno fatto da contraltare un peggioramento dell’asset quality e le difficoltà incontrate sul fronte del funding. Ora gli analisti guardano all’appuntamento del 15 giugno, quando Viola presenterà al mercato il nuovo piano industriale. In vista di quella scadenza, il banchiere ha intanto ridisegnato la prima linea della banca con tre ingressi: Bernardo Mingrone quale cfo al posto di Marco Massacesi, Ilaria Dalla Riva come responsabile delle risorse umane e Sergio Vicinanza quale capo dell’area finanza e tesoreria.Tra i maggiori gruppi, soltanto il Banco Popolare ha chiuso in rosso, con una perdita netta contabile di 109 milioni, sulla quale però ha pesato l’impatto negativo per 212 milioni dovuto alla variazione in positivo del merito creditizio, che ha comportato l’aumento delle passività valutate al fair value. Al netto di questa componente contabile, anche il Banco avrebbe chiuso il trimestre in utile (a 103 milioni, un livello inferiore del 25% rispetto al dato omogeneo dello stesso periodo del 2011). Un forte aumento dei profitti è stato registrato da Bper (+43% su base annua a 87,7 milioni) e da Ubi Banca. Il gruppo lombardo ha registrato un utile netto di 105,4 milioni, in crescita del 63%: al netto delle partite non ricorrenti, l’ultima riga del conto economico sarebbe comunque migliorata del 47% a 95,1 milioni, battendo le attese degli analisti. La crescita degli utili è stata spinta soprattutto dal trading, come ha dimostrato il risultato netto dell’attività finanziaria, balzato da 15 a 94 milioni, grazie anche all’attività sul portafoglio di titoli di Stato italiani. I proventi operativi si sono attestati a 934 milioni (+8%).
Fonte:
Milano Finanza
Con i risultati del primo trimestre è arrivata una boccata d’ossigeno per le banche italiane. Il settore finanziario, in quanto colpito in modo più diretto dalla crisi del debito sovrano, ha faticato più dell’industria nel 2011. Le aziende, soprattutto quelle presenti all’estero, hanno già invertito rotta da alcuni trimestri. I bilanci delle banche hanno invece patito l’anno scorso l’aumento del costo della raccolta e le svalutazioni degli avviamenti legati alle acquisizioni pre-crisi, che hanno causato perdite miliardarie. Perciò erano particolarmente attesi i conti del primo trimestre 2012. Il recupero di redditività rispetto all’ultimo trimestre dell’anno scorso è stato significativo, anche se va detto che gli utili hanno beneficiato degli effetti dei prestiti della Bce, considerando che Francoforte ha fornito agli istituti europei liquidità per mille miliardi e le banche italiane hanno ottenuto circa un quarto di tale importo. Queste risorse hanno dato impulso ai conti economici in diversi modi. Innanzitutto, hanno permesso di riacquistare titoli propri a valori di mercato, quindi a sconto sul valore nominale: le plusvalenze così generate hanno aumentato i profitti e i patrimoni. Inoltre, le risorse Bce, ottenute all’1% (a cui va aggiunto uno 0,8% circa in caso di utilizzo della garanzia pubblica sul collaterale dato alla Bce), sono state impiegate in parte per la sottoscrizione di titoli di Stato, con rendimenti ben superiori. Infine la liquidità dell’Eurotower, oltre a mettere a posto gli squilibri nella raccolta degli istituti, ha migliorato in generale il clima di mercato, restringendo gli spread e facendo aumentare le commissioni per attività della clientela. Grazie a questi fattori, le 23 banche quotate a Piazza Affari hanno prodotto nel primo trimestre utili per 2,34 miliardi. I profitti, nonostante il forte incremento rispetto alle perdite dell’ultimo trimestre dell’anno scorso, sono rimasti al di sotto del 6% rispetto al primo trimestre 2011: questo indica che le incertezze rimangono, soprattutto quelle sull’andamento delle sofferenze in un anno di recessione e sulla capacità di fare utili e di finanziarsi al netto del sostegno della Bce. In caso di spaccatura disordinata dell’Eurozona, i mercati potrebbero tornare a chiudersi, con impatto sulla raccolta degli istituti: l’Abi ha già rilevato che il funding è tornato sotto pressione negli ultimi giorni, in seguito alle notizie da Atene e Madrid. Né i downgrade di Moody’s aiutano a riportare il sereno tra gli investitori. Però è anche vero che la Bce ha già dimostrato di poter intervenire rapidamente (non è esclusa una terza Ltro in caso di necessità) e che, rispetto a un anno fa, sono aumentati sia il margine di intermediazione (+6%) sia il risultato di gestione (+15%). Alcuni banchieri, come Enrico Cucchiani di Intesa Sanpaolo e Federico Ghizzoni di Unicredit, hanno già anticipato l’intenzione per quest’anno di distribuire il dividendo.Proprio i due gruppi maggiori hanno avuto un’accelerazione su base annua dei profitti superiore alla media: +22% per Intesa e +13% per Unicredit. Intesa Sanpaolo ha chiuso il primo trimestre con un risultato netto pari a 804 milioni di euro, rispetto ai 661 milioni registrati nello stesso periodo del 2011 e oltre le previsioni degli analisti, che si attendevano in media un valore di 720 milioni. Si tratta per la banca del risultato più elevato degli ultimi sette trimestri. Il dato comprende le plusvalenze derivanti dal riacquisto dei titoli subordinati Tier 1 per 274 milioni e gli oneri derivanti dall’adeguamento dei titoli greci per 38 milioni. Al netto di questi elementi non ricorrenti, l’utile si sarebbe attestato a 746 milioni. L’effetto Bce si è fatto sentire sul risultato dell’attività di negoziazione, che ha presentato un saldo positivo di 716 milioni di euro (173 milioni nel quarto trimestre 2011, 280 milioni un anno fa). A fronte di un risultato della gestione operativa pari a 2,6 miliardi, in crescita annua del 33%, il cost-income ratio è risultato in miglioramento al 46% rispetto al 56% di fine 2011. In crescita però gli accantonamenti e le rettifiche di valore nette, che sono saliti a 1,06 miliardi rispetto ai 713 milioni dell’anno prima. Sul buon andamento dei conti ha pesato anche il risultato di Banca Imi: l’istituto guidato da Gaetano Miccichè ha messo a segno un aumento dei profitti del 43% a 235 milioni. Intesa Sanpaolo ha ulteriormente rafforzato il patrimonio con un Core Tier 1 ratio salito dal 10,1 al 10,5% e che è a quota 9,6% se calcolato secondo i criteri Eba. Anche Unicredit ha chiuso i conti con l’autorità bancaria europea dopo l’ultimo aumento di capitale e ha raggiunto in anticipo gli obiettivi di capitale con un 10,3% di Core Tier 1 (secondo Basilea 2.5). La banca ha convinto Piazza Affari con profitti per 914 milioni, in crescita del 13% rispetto a un anno prima: anche per il gruppo di Piazza Cordusio il valore è andato oltre le stime degli analisti, che si aspettavano circa 800 milioni. Se si escludono i fattori straordinari (tra cui una plusvalenza da 477 milioni per il riacquisto di titoli subordinati), l’utile sarebbe arrivato a 444 milioni, un valore superiore dell’80% rispetto al trimestre precedente, anche se inferiore del 45% su base annua. La ripresa del primo trimestre è legata a «un buon risultato di negoziazione, il repricing in Italia, rigorosi controlli sui costi e un’intensa attività della clientela», ha spiegato la banca. In progresso anche la liquidità dell’istituto. Grazie anche alla diversificazione geografica, Unicredit ha completato il 44% del piano di finanziamento per l’intero anno. La liquidità è migliorata anche perché i depositi sono aumentati del 2%, mentre il credito nei Paesi occidentali ha frenato (-1,7%). Il rapporto tra crediti e depositi del gruppo è così sceso dal 140 al 136%. Il calo degli accantonamenti su crediti (-7%) ha sorpreso positivamente gli analisti: a livello di gruppo il costo del rischio è diminuito, ma in Italia resterà ancora sotto pressione, a causa della flessione del pil italiano.Il primo trimestre dell’anno intanto ha significato per Mps il ritorno all’utile (a 54,5 milioni), un livello inferiore del 61% rispetto a un anno prima. Nel periodo la banca guidata da Fabrizio Viola ha ridotto i costi del personale del 3% e ha portato il Core Tier 1 al 10,5%. A questi numeri hanno fatto da contraltare un peggioramento dell’asset quality e le difficoltà incontrate sul fronte del funding. Ora gli analisti guardano all’appuntamento del 15 giugno, quando Viola presenterà al mercato il nuovo piano industriale. In vista di quella scadenza, il banchiere ha intanto ridisegnato la prima linea della banca con tre ingressi: Bernardo Mingrone quale cfo al posto di Marco Massacesi, Ilaria Dalla Riva come responsabile delle risorse umane e Sergio Vicinanza quale capo dell’area finanza e tesoreria.Tra i maggiori gruppi, soltanto il Banco Popolare ha chiuso in rosso, con una perdita netta contabile di 109 milioni, sulla quale però ha pesato l’impatto negativo per 212 milioni dovuto alla variazione in positivo del merito creditizio, che ha comportato l’aumento delle passività valutate al fair value. Al netto di questa componente contabile, anche il Banco avrebbe chiuso il trimestre in utile (a 103 milioni, un livello inferiore del 25% rispetto al dato omogeneo dello stesso periodo del 2011). Un forte aumento dei profitti è stato registrato da Bper (+43% su base annua a 87,7 milioni) e da Ubi Banca. Il gruppo lombardo ha registrato un utile netto di 105,4 milioni, in crescita del 63%: al netto delle partite non ricorrenti, l’ultima riga del conto economico sarebbe comunque migliorata del 47% a 95,1 milioni, battendo le attese degli analisti. La crescita degli utili è stata spinta soprattutto dal trading, come ha dimostrato il risultato netto dell’attività finanziaria, balzato da 15 a 94 milioni, grazie anche all’attività sul portafoglio di titoli di Stato italiani. I proventi operativi si sono attestati a 934 milioni (+8%).
Fonte:
Milano Finanza