«Il nostro obiettivo è di fermare il rischio contagio», esultava il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy. «Si può dire che politici e mercati siano andati a braccetto», si galvanizzava il presidente della Commissione Manuel Barroso. «Abbiamo eliminato il rischio contagio», rincarava il premier Silvio Berlusconi.
Era il 21 luglio quando queste parole venivano pronunciate. I Governi europei avevano appena trovato l’accordo per salvare la Grecia. Ma c’era poco da festeggiare: da allora le Borse europee hanno infatti perso il 20%. Per un motivo banale: quell’accordo era tutt’altro che definitivo. E infatti anche ieri – a due mesi esatti da quelle parole – è stata ancora una volta l’incertezza sul caso greco a bastonare i mercati.
Le Borse europee ieri sono crollate del 2,93%: Parigi ha perso il 3%, Milano il 3,17%, Francoforte il 2,83%, Londra il 2,03%. Wall Street ha seguito con un ribasso dello 0,98%, recuperando solo sul finale quando il primo ministro greco a lasciato intendere che un accordo con l’Europa sia vicino. L’euro è sceso al minimo degli ultimi 7 mesi sul dollaro, chiudendo a quota 1,3687. Lo spread tra BTp e Bund è risalito da 362 a a 379 punti base, nel giorno in cui la Bce ha annunciato di avere ridotto gli acquisti di titoli di Stato dai 13,96 miliardi di due settimane fa ai 9,8 della scorsa. Insomma: l’euforia del 21 luglio è durata il tempo delle bollicine dello champagne. Due mesi più tardi siamo ancora al punto di partenza. E nell’incertezza. Il problema è ovvio: l’Europa dà agli investitori l’impressione di essere un’autobus senza conducente. Allo sbando. Dall’incertezza in Grecia…
Per capire il crollo di ieri bisogna ricordare cosa era successo settimana scorsa. Le speranze, per diverse sedute, si erano concentrate sul weekend: tanti investitori speravano che in questo ennesimo incontro, i leader europei riuscissero a trovare un nuovo accordo sulla Grecia. Purtroppo non è accaduto. Stretti tra le settime elezioni regionali del 2011 in Germania (perse come in tutte le altre sei dal partito della Cancelliera Angela Merkel) e tra il dibattito estenuante sulle garanzie chieste dalla Finlandia ad Atene, i leader europei non hanno trovato alcuna soluzione tangibile al caso greco. Nulla.
Così, quando ieri si è sparsa la notizia che il primo ministro greco ha annullato la sua visita negli Stati Uniti, il mercato è stato preso dal panico: è tornato a convincersi che Atene finirà in default. «Io credo che i leader europei stiano semplicemente cercando il modo farlo evitando l’effetto contagio sugli altri Paesi e sulle banche», ipotizzava ieri un economista.
Forse è anche per questo che gli ispettori della Troika (quelli che dovrebbero appurare se Atene rispetti o meno i patti) tergiversano: ormai – pensano in tanti – il tema non è più «se», ma «come» la Grecia possa finire in default. …alla bufera sui mercati Tutto questo ha causato ieri l’ennesima giornata di bufera su tutti i mercati. Le Borse sono crollate, tirate al ribasso ancora una volta dalle banche. Société Générale ha perso il 6,7%, Bnp Paribas il 5,48%, Deutsche Bank il 4,54%. Male anche le inglesi Barclays (-6,5%) e Lloyds (-6,67%). Tranne Intesa Sanpaolo (-4,11%), le banche italiane hanno invece tenuto. In forte calo anche le assicurazioni in Europa (-3,87% medio) e le società attive nel settore delle materie prime (-3,96%). Performance testimoniate anche dal dato sulla raccolta dei fondi americani: negli ultimi 4 mesi i riscatti dagli azionari hanno raggiunto i 75 miliardi di dollari, più dei 72,8 miliardi registrati nei quattro mesi post-Lehman.
D’altro canto gli acquisti rifugio si sono concentrati, come da copione, sui titoli di Stato americani e tedeschi. I rendimenti decennali Usa sono scesi come non facevano da due settimane (arrivando all’1,96%), mentre quelli biennali hanno raggiunto il nuovo minimo storico di 0,1451%: quando i rendimenti scendono, significa che i prezzi salgono e che gli acquisti sono abbondanti. Stesso discorso sui Bund tedeschi, che ieri hanno tenuto i rendimenti all’1,79% per la scadenza decennale.
Autore: Morya Longo
Fonte: Il sole 24 ore
«Il nostro obiettivo è di fermare il rischio contagio», esultava il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy. «Si può dire che politici e mercati siano andati a braccetto», si galvanizzava il presidente della Commissione Manuel Barroso. «Abbiamo eliminato il rischio contagio», rincarava il premier Silvio Berlusconi.
Era il 21 luglio quando queste parole venivano pronunciate. I Governi europei avevano appena trovato l’accordo per salvare la Grecia. Ma c’era poco da festeggiare: da allora le Borse europee hanno infatti perso il 20%. Per un motivo banale: quell’accordo era tutt’altro che definitivo. E infatti anche ieri – a due mesi esatti da quelle parole – è stata ancora una volta l’incertezza sul caso greco a bastonare i mercati.
Le Borse europee ieri sono crollate del 2,93%: Parigi ha perso il 3%, Milano il 3,17%, Francoforte il 2,83%, Londra il 2,03%. Wall Street ha seguito con un ribasso dello 0,98%, recuperando solo sul finale quando il primo ministro greco a lasciato intendere che un accordo con l’Europa sia vicino. L’euro è sceso al minimo degli ultimi 7 mesi sul dollaro, chiudendo a quota 1,3687. Lo spread tra BTp e Bund è risalito da 362 a a 379 punti base, nel giorno in cui la Bce ha annunciato di avere ridotto gli acquisti di titoli di Stato dai 13,96 miliardi di due settimane fa ai 9,8 della scorsa. Insomma: l’euforia del 21 luglio è durata il tempo delle bollicine dello champagne. Due mesi più tardi siamo ancora al punto di partenza. E nell’incertezza. Il problema è ovvio: l’Europa dà agli investitori l’impressione di essere un’autobus senza conducente. Allo sbando. Dall’incertezza in Grecia…
Per capire il crollo di ieri bisogna ricordare cosa era successo settimana scorsa. Le speranze, per diverse sedute, si erano concentrate sul weekend: tanti investitori speravano che in questo ennesimo incontro, i leader europei riuscissero a trovare un nuovo accordo sulla Grecia. Purtroppo non è accaduto. Stretti tra le settime elezioni regionali del 2011 in Germania (perse come in tutte le altre sei dal partito della Cancelliera Angela Merkel) e tra il dibattito estenuante sulle garanzie chieste dalla Finlandia ad Atene, i leader europei non hanno trovato alcuna soluzione tangibile al caso greco. Nulla.
Così, quando ieri si è sparsa la notizia che il primo ministro greco ha annullato la sua visita negli Stati Uniti, il mercato è stato preso dal panico: è tornato a convincersi che Atene finirà in default. «Io credo che i leader europei stiano semplicemente cercando il modo farlo evitando l’effetto contagio sugli altri Paesi e sulle banche», ipotizzava ieri un economista.
Forse è anche per questo che gli ispettori della Troika (quelli che dovrebbero appurare se Atene rispetti o meno i patti) tergiversano: ormai – pensano in tanti – il tema non è più «se», ma «come» la Grecia possa finire in default. …alla bufera sui mercati Tutto questo ha causato ieri l’ennesima giornata di bufera su tutti i mercati. Le Borse sono crollate, tirate al ribasso ancora una volta dalle banche. Société Générale ha perso il 6,7%, Bnp Paribas il 5,48%, Deutsche Bank il 4,54%. Male anche le inglesi Barclays (-6,5%) e Lloyds (-6,67%). Tranne Intesa Sanpaolo (-4,11%), le banche italiane hanno invece tenuto. In forte calo anche le assicurazioni in Europa (-3,87% medio) e le società attive nel settore delle materie prime (-3,96%). Performance testimoniate anche dal dato sulla raccolta dei fondi americani: negli ultimi 4 mesi i riscatti dagli azionari hanno raggiunto i 75 miliardi di dollari, più dei 72,8 miliardi registrati nei quattro mesi post-Lehman.
D’altro canto gli acquisti rifugio si sono concentrati, come da copione, sui titoli di Stato americani e tedeschi. I rendimenti decennali Usa sono scesi come non facevano da due settimane (arrivando all’1,96%), mentre quelli biennali hanno raggiunto il nuovo minimo storico di 0,1451%: quando i rendimenti scendono, significa che i prezzi salgono e che gli acquisti sono abbondanti. Stesso discorso sui Bund tedeschi, che ieri hanno tenuto i rendimenti all’1,79% per la scadenza decennale.
Autore: Morya Longo
Fonte: Il sole 24 ore