LO SCENARIO – Già all’inizio degli anni ’90 «c’era chi preconizzava l’inevitabilità delle concentrazioni ma non è stato così»
MILANO. «Le piccole banche sono pronte alla sfida di Basilea 3, mantenendo intatto il pieno sostegno alle economie dei territori in cui operano». A difendere ruolo e solidità delle banche del territorio è Camillo Venesio, presidente del comitato piccole banche dell’Abi e amministratore delegato della Banca del Piemonte.
Negli ultimi due anni, quelli in cui la crisi economico-finanziaria si è fatta più pesante, alcune piccole banche hanno accusato deficit di capitale e in alcuni casi sono dovute confluire in gruppi più grandi. «Ma si tratta di poche eccezioni all’interno di un vasto sistema che invece è sano e solido afferma Venesio anche grazie all’azione della Vigilanza della Banca d’Italia, che è sempre stata uno dei punti di forza del sistema-Italia».
Ma in un mondo finanziario sempre più globalizzato, le banche di piccola e media dimensione avranno ancora un senso? E per quanto?
«Già all’inizio degli anni ’90 c’era chi preconizzava una crisi delle banche di territorio e l’inevitabilità delle concentrazioni. Non è stato così prosegue Venesio e resteremo architrave dell’industria bancaria anche in futuro. Coerentemente con la struttura del sistema economico italiano, pieno di microimprese». Quindi esclude che il settore possa vivere una stagione di aggregazioni? «È possibile che in futuro vi sia qualche alleanza, dipende dalle singole situazioni. In generale, però, banche ben gestite e con strategie chiare possono stare sul mercato con efficienza anche con le dimensioni attuali. Lo dimostrano i risultati degli ultimi anni, pur difficili, e il livello di patrimonializzazione media, che è superiore ai requisiti richiesti».
Nel caso della Banca del Piemonte, il Core Tier 1 è del 12%. In sostanza, a giudizio di Venesio, se si escludono singoli casi di fragilità dimostrati da alcuni istituti, le piccole e medie banche «continueranno ad avere un futuro e a fare il proprio mestiere, che è quello di sostenere le economie dei territori». Basilea 3 è certamente una sfida impegnativa per tutte le banche. «Sarà richiesto a tutti un patrimonio maggiore e di maggiore qualità. Siamo d’accordo, è giusto. Ma come Abi chiediamo che si tenga conto di alcuni vincoli solo italiani».
E sono quindi benvenute le recenti modifiche governative al trattamento del deferred tax assets. «È la risoluzione di uno specifico problema italiano commenta Venesio che danneggiava l’intera industria. Ma il tema del divario fiscale tra banche italiane e banche estere è più ampio e continua a essere penalizzante per i nostri istituti». Per non parlare, aggiunge il presidente del comitato piccole banche del l’Abi, «di alcune normative che ci sottraggono la possibilità di governo dei nostri ricavi, come quella del limite ai tassi usurai». Anche in questo caso, la richiesta è di «allineare le nostre normative a quelle europee».
L’OPINIONE Banchiere Camillo Venesio nasce a Torino nel 1953. Laureato con lode in Economia e Commercio nel 1977 a Torino e nominato Cavaliere del Lavoro nel 2003, Venesio è presidente del comitato piccole banche dell’Abi. È amministratore delegato dal 1983 e direttore generale dal 1990 di Banca del Piemonte, dove ha iniziato la sua carriera professionale già negli anni dell’università. Dopo esperienze di studio e lavoro all’estero nel 1978 ha realizzato la prima importante operazione societaria: la fusione della Banca Anonima di Credito, sorta per iniziativa di alcune antiche famiglie torinesi, con la Banca di Casale e del Monferrato, fondata dal nonno nel 1947, da cui è nata una delle principali strutture bancarie private del Piemonte. Assieme a un gruppo di giovani manager, è stato artefice dello sviluppo della Banca del Piemonte, di cui ha tuttavia mantenuto invariate le caratteristiche di banca locale non controllata da alcun gruppo bancario.
Fonte: Il Sole-24 Ore
LO SCENARIO – Già all’inizio degli anni ’90 «c’era chi preconizzava l’inevitabilità delle concentrazioni ma non è stato così»
MILANO. «Le piccole banche sono pronte alla sfida di Basilea 3, mantenendo intatto il pieno sostegno alle economie dei territori in cui operano». A difendere ruolo e solidità delle banche del territorio è Camillo Venesio, presidente del comitato piccole banche dell’Abi e amministratore delegato della Banca del Piemonte.
Negli ultimi due anni, quelli in cui la crisi economico-finanziaria si è fatta più pesante, alcune piccole banche hanno accusato deficit di capitale e in alcuni casi sono dovute confluire in gruppi più grandi. «Ma si tratta di poche eccezioni all’interno di un vasto sistema che invece è sano e solido afferma Venesio anche grazie all’azione della Vigilanza della Banca d’Italia, che è sempre stata uno dei punti di forza del sistema-Italia».
Ma in un mondo finanziario sempre più globalizzato, le banche di piccola e media dimensione avranno ancora un senso? E per quanto?
«Già all’inizio degli anni ’90 c’era chi preconizzava una crisi delle banche di territorio e l’inevitabilità delle concentrazioni. Non è stato così prosegue Venesio e resteremo architrave dell’industria bancaria anche in futuro. Coerentemente con la struttura del sistema economico italiano, pieno di microimprese». Quindi esclude che il settore possa vivere una stagione di aggregazioni? «È possibile che in futuro vi sia qualche alleanza, dipende dalle singole situazioni. In generale, però, banche ben gestite e con strategie chiare possono stare sul mercato con efficienza anche con le dimensioni attuali. Lo dimostrano i risultati degli ultimi anni, pur difficili, e il livello di patrimonializzazione media, che è superiore ai requisiti richiesti».
Nel caso della Banca del Piemonte, il Core Tier 1 è del 12%. In sostanza, a giudizio di Venesio, se si escludono singoli casi di fragilità dimostrati da alcuni istituti, le piccole e medie banche «continueranno ad avere un futuro e a fare il proprio mestiere, che è quello di sostenere le economie dei territori». Basilea 3 è certamente una sfida impegnativa per tutte le banche. «Sarà richiesto a tutti un patrimonio maggiore e di maggiore qualità. Siamo d’accordo, è giusto. Ma come Abi chiediamo che si tenga conto di alcuni vincoli solo italiani».
E sono quindi benvenute le recenti modifiche governative al trattamento del deferred tax assets. «È la risoluzione di uno specifico problema italiano commenta Venesio che danneggiava l’intera industria. Ma il tema del divario fiscale tra banche italiane e banche estere è più ampio e continua a essere penalizzante per i nostri istituti». Per non parlare, aggiunge il presidente del comitato piccole banche del l’Abi, «di alcune normative che ci sottraggono la possibilità di governo dei nostri ricavi, come quella del limite ai tassi usurai». Anche in questo caso, la richiesta è di «allineare le nostre normative a quelle europee».
L’OPINIONE Banchiere Camillo Venesio nasce a Torino nel 1953. Laureato con lode in Economia e Commercio nel 1977 a Torino e nominato Cavaliere del Lavoro nel 2003, Venesio è presidente del comitato piccole banche dell’Abi. È amministratore delegato dal 1983 e direttore generale dal 1990 di Banca del Piemonte, dove ha iniziato la sua carriera professionale già negli anni dell’università. Dopo esperienze di studio e lavoro all’estero nel 1978 ha realizzato la prima importante operazione societaria: la fusione della Banca Anonima di Credito, sorta per iniziativa di alcune antiche famiglie torinesi, con la Banca di Casale e del Monferrato, fondata dal nonno nel 1947, da cui è nata una delle principali strutture bancarie private del Piemonte. Assieme a un gruppo di giovani manager, è stato artefice dello sviluppo della Banca del Piemonte, di cui ha tuttavia mantenuto invariate le caratteristiche di banca locale non controllata da alcun gruppo bancario.
Fonte: Il Sole-24 Ore