Le banche non potranno investire in titoli emessi da operazioni di cartolarizzazione nell’ambito delle quali il cedente o il promotore non abbia mantenuto (la cosiddetta retention) una quota di rischio (“interesse economico netto”).
Il settimo aggiornamento della circolare 263 del 2006 di Banca d’Italia ha introdotto il meccanismo di retention nelle operazioni di cartolarizzazione. Dunque, non sarà più completa la cessione degli attivi cartolarizzati (per esempio, mutui). Il promotore/cedente dovrà mantenere nel proprio portafoglio quote di cartolarizzazione almeno pari al 5%, con la facoltà d’incrementare questa soglia. Una volta scelta, tra le varie alternative fornite da Banca d’Italia, la modalità per mantenere l’interesse economico netto, non potrà essere modificata nel corso dell’operazione, salvo alcuni casi. Non sono, inoltre, ammesse combinazioni tra le diverse modalità, ma sono previste possibilità equivalenti al mantenimento del 5%, come la stipula di contratti di derivati o lettere di credito.
Recependo quanto stabilito a livello comunitario in risposta alla crisi finanziaria del 2007-2008 (direttive Ce 2009/27, 2009/83 e 2009/111), la Banca d’Italia ha stabilito che la retention si applica alle operazioni “realizzate” dopo il 1 gennaio 2011. Per quelle antecedenti, le nuove disposizioni si applicano se, dal 31 dicembre 2014, alle medesime operazioni siano conferite nuove attività cartolarizzate o sostituite quelle esistenti. L’interesse economico netto può essere mantenuto da un solo soggetto tra cedente e promotore per ciascuna cartolarizzazione. Nel caso di operazioni multioriginator, l’obbligo è in capo a ciascun cedente in proporzione alla quota di attività cartolarizzate ceduta o al promotore (o più promotori). Per le ricartolarizzazioni, valgono le stesse condizioni, con l’aggiunta che il cedente o il promotore assicuri che l’obbligo di mantenere l’interesse economico netto sia rispettato anche con riferimento all’operazione originaria, con una comunicazione agli investitori.
Il valore dell’interesse economico netto è calcolato all’avvio dell’operazione di cartolarizzazione e deve essere mantenuto su base continuativa. Nel corso dell’operazione non è, di norma, necessario integrare questo valore. Ciò vale se la riduzione dell’interesse economico netto dipende dal “fisiologico” ammortamento delle attività mantenute. L’interesse economico netto non può essere oggetto di copertura dal rischio di credito e neppure trasferito a terzi. Può, invece, essere oggetto di copertura dal rischio di tasso e di cambio e utilizzato come garanzia reale nell’ambito di operazioni di funding (se non comporta il trasferimento del rischio di credito a esso relativo). Sulla questione della retention il Fondo monetario nel 2009 ha messo in dubbio gli obblighi basati solo sulla percentuale e la tipologia d’interessi da mantenere. Per il Fondo è necessario considerare anche le caratteristiche della specifica operazione, della qualità degli attivi sottostanti, della struttura della cartolarizzazione e delle condizioni economiche attese. Sono state sollevate perplessità anche in fase di consultazione europea della disciplina della retention, specie per i costi. Maggiori requisiti patrimoniali per originator e promotore e significativi oneri di compliance a carico degli investitori. Dubbi sono stati sollevati anche sulla sua reale efficacia in termini di allineamento degli interessi delle diverse categorie di soggetti coinvolti nel processo di cartolarizzazione. Il meccanismo, però, obbliga le banche a svolgere con più oculatezza l’attività di selezione e monitoraggio dei debitori.
Autore: Cornalba Chiara – Rocca Enzo
Fonte: Il Sole 24 ore
Le banche non potranno investire in titoli emessi da operazioni di cartolarizzazione nell’ambito delle quali il cedente o il promotore non abbia mantenuto (la cosiddetta retention) una quota di rischio (“interesse economico netto”).
Il settimo aggiornamento della circolare 263 del 2006 di Banca d’Italia ha introdotto il meccanismo di retention nelle operazioni di cartolarizzazione. Dunque, non sarà più completa la cessione degli attivi cartolarizzati (per esempio, mutui). Il promotore/cedente dovrà mantenere nel proprio portafoglio quote di cartolarizzazione almeno pari al 5%, con la facoltà d’incrementare questa soglia. Una volta scelta, tra le varie alternative fornite da Banca d’Italia, la modalità per mantenere l’interesse economico netto, non potrà essere modificata nel corso dell’operazione, salvo alcuni casi. Non sono, inoltre, ammesse combinazioni tra le diverse modalità, ma sono previste possibilità equivalenti al mantenimento del 5%, come la stipula di contratti di derivati o lettere di credito.
Recependo quanto stabilito a livello comunitario in risposta alla crisi finanziaria del 2007-2008 (direttive Ce 2009/27, 2009/83 e 2009/111), la Banca d’Italia ha stabilito che la retention si applica alle operazioni “realizzate” dopo il 1 gennaio 2011. Per quelle antecedenti, le nuove disposizioni si applicano se, dal 31 dicembre 2014, alle medesime operazioni siano conferite nuove attività cartolarizzate o sostituite quelle esistenti. L’interesse economico netto può essere mantenuto da un solo soggetto tra cedente e promotore per ciascuna cartolarizzazione. Nel caso di operazioni multioriginator, l’obbligo è in capo a ciascun cedente in proporzione alla quota di attività cartolarizzate ceduta o al promotore (o più promotori). Per le ricartolarizzazioni, valgono le stesse condizioni, con l’aggiunta che il cedente o il promotore assicuri che l’obbligo di mantenere l’interesse economico netto sia rispettato anche con riferimento all’operazione originaria, con una comunicazione agli investitori.
Il valore dell’interesse economico netto è calcolato all’avvio dell’operazione di cartolarizzazione e deve essere mantenuto su base continuativa. Nel corso dell’operazione non è, di norma, necessario integrare questo valore. Ciò vale se la riduzione dell’interesse economico netto dipende dal “fisiologico” ammortamento delle attività mantenute. L’interesse economico netto non può essere oggetto di copertura dal rischio di credito e neppure trasferito a terzi. Può, invece, essere oggetto di copertura dal rischio di tasso e di cambio e utilizzato come garanzia reale nell’ambito di operazioni di funding (se non comporta il trasferimento del rischio di credito a esso relativo). Sulla questione della retention il Fondo monetario nel 2009 ha messo in dubbio gli obblighi basati solo sulla percentuale e la tipologia d’interessi da mantenere. Per il Fondo è necessario considerare anche le caratteristiche della specifica operazione, della qualità degli attivi sottostanti, della struttura della cartolarizzazione e delle condizioni economiche attese. Sono state sollevate perplessità anche in fase di consultazione europea della disciplina della retention, specie per i costi. Maggiori requisiti patrimoniali per originator e promotore e significativi oneri di compliance a carico degli investitori. Dubbi sono stati sollevati anche sulla sua reale efficacia in termini di allineamento degli interessi delle diverse categorie di soggetti coinvolti nel processo di cartolarizzazione. Il meccanismo, però, obbliga le banche a svolgere con più oculatezza l’attività di selezione e monitoraggio dei debitori.
Autore: Cornalba Chiara – Rocca Enzo
Fonte: Il Sole 24 ore