Le peculiarità del fisco italiano peseranno quest’anno sul settore bancario per circa 1,7 miliardi. Il Paese si contraddistingue in Europa per il più alto carico effettivo (40%) e per il livello record di imposte attive differite (Dta). I dati sono emersi in uno studio degli economisti di Banca d’Italia su La pressione fiscale gravante sul sistema bancario.
Quali sono gli svantaggi fiscali per gli istituti italiani? Gli esperti di Via Nazionale hanno evidenziato tre elementi: l’indeducibilità di una parte degli interessi passivi (che, secondo le stime, aumenterà gli oneri di imposta per il settore di 670 milioni nel 2010), il trattamento di dividendi, ammortamenti e spese amministrative (che comporta minori utili per circa 281 milioni) e di quello delle svalutazioni e delle perdite su crediti (che pesa per 755 milioni). Si arriva così a 1,7 miliardi complessivi. In particolare, dai limiti alla deducibilità delle svalutazioni su crediti, deriva il significativo peso delle Dta. In Italia a fine 2009 le attività per imposte anticipate nette erano lo 0,7% del totale dell’attivo bancario (il 9,3% del patrimonio di vigilanza). Per i maggiori gruppi i valori medi sono più elevati. L’unico Paese con un’incidenza netta superiore è la Svizzera, mentre l’Italia è al vertice per quanto riguarda i valori lordi delle Dta. Questi dati costituiscono la principale penalizzazione delle banche italiane in vista di Basilea 3: le Dta dovranno essere parzialmente dedotte dal patrimonio. «Il peso delle imposte differite sull’attivo delle banche italiane rispetto a quello delle banche estere potrebbe comportare, in assenza di modifiche, un aumento del costo della raccolta», osservano gli economisti.
Per le banche italiane l’incremento registrato nel 2008 e nel 2009 è «riconducibile essenzialmente alle ingenti svalutazioni su crediti non deducibili e alla decisione delle banche di utilizzare l’agevolazione per l’allineamento di valori civilistici e fiscali dell’avviamento introdotta nel novembre del 2008». Proprio quest’ultimo fattore ha però contribuito a migliorare i bilanci annuali: secondo calcoli di R&S Mediobanca, nel 2008 i sei maggiori istituti hanno pagato 3,86 miliardi di minori imposte di competenza dell’esercizio. Ma nello stesso tempo, come conseguenza dell’immediata uscita di cassa per il pagamento dell’imposta sostitutiva per l’allineamento dell’avviamento, sono stati maturati crediti che hanno fatto aumentare le imposte anticipate nette. Abi, Tesoro e Bankitalia sono ora al lavoro per trovare una soluzione al problema delle Dta, per evitare penalizzazioni con le nuove norme patrimoniali.Quanto alla tassazione effettiva, il sistema italiano è l’unico con una pressione fiscale superiore al 40% (l’aliquota legale è del 32,2%). Gli altri Paesi Ue si attestano su livelli non superiori al 35%, con un minimo del 25% in Svizzera. Negli ultimi undici anni ovunque c’è stata una riduzione della pressione fiscale. Nonostante il maggior carico attuale, l’Italia ha avuto la riduzione più ampia nel periodo (del 16%, inferiore solo al 17% in Germania).
Autore: Francesco Ninfole
Fonte: Milano Finanza
Le peculiarità del fisco italiano peseranno quest’anno sul settore bancario per circa 1,7 miliardi. Il Paese si contraddistingue in Europa per il più alto carico effettivo (40%) e per il livello record di imposte attive differite (Dta). I dati sono emersi in uno studio degli economisti di Banca d’Italia su La pressione fiscale gravante sul sistema bancario.
Quali sono gli svantaggi fiscali per gli istituti italiani? Gli esperti di Via Nazionale hanno evidenziato tre elementi: l’indeducibilità di una parte degli interessi passivi (che, secondo le stime, aumenterà gli oneri di imposta per il settore di 670 milioni nel 2010), il trattamento di dividendi, ammortamenti e spese amministrative (che comporta minori utili per circa 281 milioni) e di quello delle svalutazioni e delle perdite su crediti (che pesa per 755 milioni). Si arriva così a 1,7 miliardi complessivi. In particolare, dai limiti alla deducibilità delle svalutazioni su crediti, deriva il significativo peso delle Dta. In Italia a fine 2009 le attività per imposte anticipate nette erano lo 0,7% del totale dell’attivo bancario (il 9,3% del patrimonio di vigilanza). Per i maggiori gruppi i valori medi sono più elevati. L’unico Paese con un’incidenza netta superiore è la Svizzera, mentre l’Italia è al vertice per quanto riguarda i valori lordi delle Dta. Questi dati costituiscono la principale penalizzazione delle banche italiane in vista di Basilea 3: le Dta dovranno essere parzialmente dedotte dal patrimonio. «Il peso delle imposte differite sull’attivo delle banche italiane rispetto a quello delle banche estere potrebbe comportare, in assenza di modifiche, un aumento del costo della raccolta», osservano gli economisti.
Per le banche italiane l’incremento registrato nel 2008 e nel 2009 è «riconducibile essenzialmente alle ingenti svalutazioni su crediti non deducibili e alla decisione delle banche di utilizzare l’agevolazione per l’allineamento di valori civilistici e fiscali dell’avviamento introdotta nel novembre del 2008». Proprio quest’ultimo fattore ha però contribuito a migliorare i bilanci annuali: secondo calcoli di R&S Mediobanca, nel 2008 i sei maggiori istituti hanno pagato 3,86 miliardi di minori imposte di competenza dell’esercizio. Ma nello stesso tempo, come conseguenza dell’immediata uscita di cassa per il pagamento dell’imposta sostitutiva per l’allineamento dell’avviamento, sono stati maturati crediti che hanno fatto aumentare le imposte anticipate nette. Abi, Tesoro e Bankitalia sono ora al lavoro per trovare una soluzione al problema delle Dta, per evitare penalizzazioni con le nuove norme patrimoniali.Quanto alla tassazione effettiva, il sistema italiano è l’unico con una pressione fiscale superiore al 40% (l’aliquota legale è del 32,2%). Gli altri Paesi Ue si attestano su livelli non superiori al 35%, con un minimo del 25% in Svizzera. Negli ultimi undici anni ovunque c’è stata una riduzione della pressione fiscale. Nonostante il maggior carico attuale, l’Italia ha avuto la riduzione più ampia nel periodo (del 16%, inferiore solo al 17% in Germania).
Autore: Francesco Ninfole
Fonte: Milano Finanza