La legge di stabilità «blindata» vedrà la luce in settimana. Gli imprenditori che lavorano con la pubblica amministrazione e provano a sopportare l’eterno rallentatore che caratterizza i suoi pagamenti a singhiozzo si mettano l’anima in pace: nella nuova manovra incontreranno più brutte notizie che aiuti scaccia-crisi. La prima novità (si fa per dire) interessa l’esercito di creditori della sanità schiacciata dai disavanzi nelle quattro “regioni-canaglia”. In Lazio, Molise, Campania e Calabria si gioca una partita enorme, che secondo le ultime rilevazioni della Corte dei conti vede aziende sanitarie e ospedaliere accumulare 14,2 miliardi di debiti nei confronti dei fornitori. Prima sono arrivate le cartolarizzazioni; nella finanziaria 2010 era spuntato un primo tentativo di blocco di pignoramenti e azioni esecutive, cancellato in fretta a febbraio e riproposto – per sei mesi – nella manovra correttiva di maggio.
Nel cappello della legge di stabilità arriva ora il blocco definitivo: «al fine di assicurare il regolare svolgimento dei pagamenti», spiega la legge con involontaria ironia, nelle regioni alle prese con i commissariamenti da extra-deficit le azioni esecutive dei creditori sono congelate fino a tutto il 2011. Ma non basta. Perché il blocco è anche retroattivo e ferma tutti i pignoramenti effettuati prima che – con il decreto salva-deficit di maggio – si tornasse a parlare di uno stop alle procedure: anche le vecchie azioni esecutive, infatti, «non producono effetti» dal 31 maggio, data di entrata in vigore del decreto, fino al Capodanno del 2012. Alle imprese che lavorano in Lazio, Molise, Campania e Calabria con ospedali e Asl, e che da sole reggono più del 46% dei 32 miliardi di crediti incagliati nella sanità, non resta che pagare la super-Irap necessaria a ripianare il deficit extra (l’aliquota è ormai al 4,97%, contro il 3,9 dei territori “normali”) e sopportare tempi di pagamento che hanno stracciato ogni record: il primato negativo è in Calabria, dove tra la fornitura e la liquidazione bisogna strappare fino a 809 fogli di calendario. In Molise si viaggia sui 794 giorni, in Campania l’attesa arriva a 674 giorni e nel Lazio – dove un accordo prevede di scendere a un tempo medio di sei mesi (cioè sei volte quello regolare per legge) – secondo la rilevazione aggiornata a fine aprile si aspettava fino a 419 giorni, con una riduzione del 32% rispetto ai picchi del 2007. La lettura della legge di stabilità non sarà un esercizio piacevole nemmeno per i costruttori: la categoria aspetta il confronto con il governo dopo la manifestazione di mercoledì insieme ai sindacati, ma nell’attesa la legge di stabilità non offre buone notizie.
Assenti le misure per provare a velocizzare i pagamenti da parte di comuni e province, sempre più incagliati nelle regole del patto di stabilità: nel 2009, anno “graziato” da un maxi-sblocco da 1,6 miliardi dei residui passivi (cioè delle risorse che gli enti locali hanno in cassa ma non possono spendere per non sforare i vincoli di finanza pubblica) i pagamenti delle opere si erano fermati poco sotto i 19,3 miliardi, con una contrazione del 9,3% rispetto all’anno prima. I dati consuntivi sul 2010 ovviamente non sono ancora disponibili, ma tutti gli indicatori lasciano pensare a un altro peggioramento anche perché la quota “liberata” dal patto si è aggirata intorno ai 300 milioni, cioè meno di un quinto rispetto all’anno prima. La “notizia”, quella cattiva, della legge di stabilità arriva qui, e consiste nella mancata previsione di qualsiasi sblocco ulteriore di risorse. In queste condizioni, qualsiasi recupero dell’arretrato diventa una chimera mentre, nonostante sia in vigore da più di un anno il divieto di firmare atti di spesa che non possono tradursi in pagamenti, nei bilanci preventivi dei comuni continuano a comparire piani di investimenti per valori multipli rispetto a quelli permessi dal patto di stabilità.
La novità più rilevante del 2011 potrebbe arrivare dalla Consulta, a cui la Corte dei conti della Lombardia ha chiesto di pronunciarsi sulla legittimità delle regole che bloccano la cassa di sindaci e presidenti di provincia. Nel mirino ci sono le regole del 2007, ma una loro bocciatura potrebbe produrre effetti a cascata; senza dimenticare, però, che un via libera ai pagamenti sarebbe una bordata per i conti consolidati della pubblica amministrazione da presentare a Bruxelles.
Autore: Gianni Trovati
Fonte: Il Sole 24 ore
La legge di stabilità «blindata» vedrà la luce in settimana. Gli imprenditori che lavorano con la pubblica amministrazione e provano a sopportare l’eterno rallentatore che caratterizza i suoi pagamenti a singhiozzo si mettano l’anima in pace: nella nuova manovra incontreranno più brutte notizie che aiuti scaccia-crisi. La prima novità (si fa per dire) interessa l’esercito di creditori della sanità schiacciata dai disavanzi nelle quattro “regioni-canaglia”. In Lazio, Molise, Campania e Calabria si gioca una partita enorme, che secondo le ultime rilevazioni della Corte dei conti vede aziende sanitarie e ospedaliere accumulare 14,2 miliardi di debiti nei confronti dei fornitori. Prima sono arrivate le cartolarizzazioni; nella finanziaria 2010 era spuntato un primo tentativo di blocco di pignoramenti e azioni esecutive, cancellato in fretta a febbraio e riproposto – per sei mesi – nella manovra correttiva di maggio.
Nel cappello della legge di stabilità arriva ora il blocco definitivo: «al fine di assicurare il regolare svolgimento dei pagamenti», spiega la legge con involontaria ironia, nelle regioni alle prese con i commissariamenti da extra-deficit le azioni esecutive dei creditori sono congelate fino a tutto il 2011. Ma non basta. Perché il blocco è anche retroattivo e ferma tutti i pignoramenti effettuati prima che – con il decreto salva-deficit di maggio – si tornasse a parlare di uno stop alle procedure: anche le vecchie azioni esecutive, infatti, «non producono effetti» dal 31 maggio, data di entrata in vigore del decreto, fino al Capodanno del 2012. Alle imprese che lavorano in Lazio, Molise, Campania e Calabria con ospedali e Asl, e che da sole reggono più del 46% dei 32 miliardi di crediti incagliati nella sanità, non resta che pagare la super-Irap necessaria a ripianare il deficit extra (l’aliquota è ormai al 4,97%, contro il 3,9 dei territori “normali”) e sopportare tempi di pagamento che hanno stracciato ogni record: il primato negativo è in Calabria, dove tra la fornitura e la liquidazione bisogna strappare fino a 809 fogli di calendario. In Molise si viaggia sui 794 giorni, in Campania l’attesa arriva a 674 giorni e nel Lazio – dove un accordo prevede di scendere a un tempo medio di sei mesi (cioè sei volte quello regolare per legge) – secondo la rilevazione aggiornata a fine aprile si aspettava fino a 419 giorni, con una riduzione del 32% rispetto ai picchi del 2007. La lettura della legge di stabilità non sarà un esercizio piacevole nemmeno per i costruttori: la categoria aspetta il confronto con il governo dopo la manifestazione di mercoledì insieme ai sindacati, ma nell’attesa la legge di stabilità non offre buone notizie.
Assenti le misure per provare a velocizzare i pagamenti da parte di comuni e province, sempre più incagliati nelle regole del patto di stabilità: nel 2009, anno “graziato” da un maxi-sblocco da 1,6 miliardi dei residui passivi (cioè delle risorse che gli enti locali hanno in cassa ma non possono spendere per non sforare i vincoli di finanza pubblica) i pagamenti delle opere si erano fermati poco sotto i 19,3 miliardi, con una contrazione del 9,3% rispetto all’anno prima. I dati consuntivi sul 2010 ovviamente non sono ancora disponibili, ma tutti gli indicatori lasciano pensare a un altro peggioramento anche perché la quota “liberata” dal patto si è aggirata intorno ai 300 milioni, cioè meno di un quinto rispetto all’anno prima. La “notizia”, quella cattiva, della legge di stabilità arriva qui, e consiste nella mancata previsione di qualsiasi sblocco ulteriore di risorse. In queste condizioni, qualsiasi recupero dell’arretrato diventa una chimera mentre, nonostante sia in vigore da più di un anno il divieto di firmare atti di spesa che non possono tradursi in pagamenti, nei bilanci preventivi dei comuni continuano a comparire piani di investimenti per valori multipli rispetto a quelli permessi dal patto di stabilità.
La novità più rilevante del 2011 potrebbe arrivare dalla Consulta, a cui la Corte dei conti della Lombardia ha chiesto di pronunciarsi sulla legittimità delle regole che bloccano la cassa di sindaci e presidenti di provincia. Nel mirino ci sono le regole del 2007, ma una loro bocciatura potrebbe produrre effetti a cascata; senza dimenticare, però, che un via libera ai pagamenti sarebbe una bordata per i conti consolidati della pubblica amministrazione da presentare a Bruxelles.
Autore: Gianni Trovati
Fonte: Il Sole 24 ore